Per il detenuto al carcere duro
il diritto di cucinarsi in cella

Per il detenuto al carcere duro il diritto di cucinarsi in cella
di Petronilla Carillo
Sabato 3 Novembre 2018, 06:35 - Ultimo agg. 06:54
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Per i giudici della Corte Costituzionale il regime carcerario, anche quello «duro» regolamentato dall’articolo 41 bis, deve essere tale da «non vanificare del tutto la necessaria finalità rieducativa della pena e da violare il divieto di trattamenti contrari al senso di umanità» ricordando che quest’ultima regola è «tanto più delicata trattandosi di misure che derogano al trattamento carcerario ordinario».

È questo, in sintesi, il contenuto dell’articolata sentenza emessa qualche settimana fa dai magistrati della Consulta nell’accogliere il reclamo di un detenuto salernitano difeso dall’avvocato Antonio Boffa. Anzi, battipagliese. Si tratta di Cosimo Viscido, in carcere dal 2003 e dal 2006 in regime di 41 bis, il quale aveva presentato un reclamo al magistrato della Sorveglianza di Spoleto contestando i divieti imposti dall’amministrazione penitenziaria di acquistare cibi che richiedono cottura, nonché di cucinare quelli il cui acquisto è consentito perché consumabili anche crudi. Il giudice, sulla questione, si è rivolto alla Corte Costituzionale che, a sua volta, ha accolto il reclamo di Viscido (in carcere per l’omicidio Frasca e D’Elia) emettendo una sentenza che cambierà un po’ le cose in materia di ordinamento carcerario. 
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