Parkinson, nuove prospettive per la diagnosi precoce e la ricerca di cure innovative

Lo studio effettuato da un team di ricercatori interamente italiano

Da sinistra Hassam, Di Vito, Nuzzo, Usiello, Errico, Anna Di Maio, Truppa, Yahyavi
Da sinistra Hassam, Di Vito, Nuzzo, Usiello, Errico, Anna Di Maio, Truppa, Yahyavi
Mercoledì 31 Gennaio 2024, 17:04 - Ultimo agg. 19:28
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Un team di ricercatori interamente italiano, composto da neuroscienziati, biochimici e neurologi del centro di ricerca Ceinge Biotecnologie Avanzate Franco Salvatore, dell’Università Vanvitelli, dell’Università di Pavia e dell’Ircss Mondino, ha messo in evidenza l’esistenza una nuova traccia neurochimica che correla i livelli sanguigni dell’aminoacido atipico D-serina con la malattia di Parkinson.

In particolare, lo studio ha evidenziato che i pazienti con elevate concentrazioni nel sangue di D-serina hanno un esordio dei sintomi più tardivo rispetto ai pazienti con bassi livelli di D-serina, suggerendo un possibile effetto neuroprotettivo del D-amino acido sull’insorgenza della malattia. Inoltre, i ricercatori hanno trovato livelli di D-serina aumentati in pazienti di sesso femminile, mentre non hanno riscontrato differenze tra maschi affetti e rispettivi casi controllo. Questa scoperta apre nuovi scenari di applicazione della cosiddetta “medicina di genere” nell’ambito della malattia di Parkinson. I ricercatori sono già al lavoro per studiare se le alterazioni del metabolismo della D-serina possono essere legate allo stress ossidativo, anch’esso implicato, come rilevato da precedenti studi, nella patogenesi della malattia di Parkinson.

I risultati della ricerca, condotta da Alessandro Usiello, Direttore del Laboratorio di Neuroscienze Traslazionali del Ceinge e professore di Biochimica Clinica dell’Università Vanvitelli, dalla professoressa Enza Maria Valente, responsabile del Centro di Ricerca in Neurogenetica della Fondazione Mondino di Pavia e dal dottor Alberto Imarisio, neurologo e dottorando presso l’Università di Pavia, sono stati pubblicati sulla nota rivista internazionale di settore Neurobiology of Disease.

«Si tratta di uno studio preliminare – conclude il professor Usiello – che potremo approfondire su casistiche di pazienti più ampie».

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