​Berlusconi, le amicizie con Bush e Putin, il miracolo di Pratica di Mare e il G8 dell'Aquila: la politica estera del Cav

di Marco Ventura
Lunedì 12 Giugno 2023, 11:43 - Ultimo aggiornamento: 18:44 | 1 Minuto di Lettura

Il rapporto con i leader mondiali

Silvio era rimasto un grande imprenditore, un formidabile opportunista in affari come in politica, un mediatore che doveva la sua autorevolezza al consenso in casa e alle sue molte vite, dalla Tv al calcio all’economia, che lo rendevano popolare anche all’estero. Ed era un travolgente battutista. Un uomo simpatico, un po’ come Chirac che però in pubblico indossava l’uniforme dello statista austero. Berlusconi era quello che era con tutti, prendere o lasciare. Era capace di simpatizzare con arabi e israeliani, russi e americani, greci e turchi. La sua intesa con Chirac era profonda, a differenza di quella mai decollata con Sarkozy. S’intendeva di più col socialdemocratico Schroeder che con la Merkel. Era intimo di Erdogan (“Sono l’avvocato della Turchia in Europa”, amava ripetere). Sapeva farsi concavo coi convessi e convesso coi concavi. Ha avuto il coraggio di avvicinare di più l’Italia a Israele, riequilibrare la nostra politica mediorientale a trazione filo-palestinese, e al tempo stesso a rafforzare le relazioni coi Paesi arabi e musulmani. Da vero equilibrista. Davanti alla Knesset, in un memorabile discorso uscì dal testo criticando gli insediamenti nei Territori ma subito dopo, a Ramallah, a un giornalista palestinese che voleva sapere cosa avesse provato passando per il Muro rispose: “Perché, c’è un Muro? Non me ne sono accorto”.

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