Il sogno di Carlo, ingegnere mancato: da Napoli a Vienna per amore del musical

Carlo Schiavone durante uno spettacolo
Carlo Schiavone durante uno spettacolo
di Gennaro Morra
Lunedì 23 Settembre 2019, 18:44
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Fino a sei anni fa la vita di Carlo Schiavone sembrava ben delineata: iscritto al secondo anno della facoltà d’ingegneria delle costruzioni all’università Federico II di Napoli, mamma e papà aspettavano con impazienza che il ragazzo completasse il suo percorso di studi e iniziasse la carriera di professionista. E invece in un noioso pomeriggio del 2013 Carlo cerca su Google la parola “musical” apparentemente senza un motivo, ma in realtà il giovane sta dando ascolto a una sua passione recondita.
 
«Fin da bambino ho sempre voluto fare il ballerino classico, ma i miei genitori mi spingevano verso lo sport – racconta il 27enne –. Perciò a 13 anni ho iniziato a ballare l’hip hop e ho continuato per molto tempo fino a insegnare ai bambini». Ma il ballo hip hop è solo un ripiego, Carlo sogna di fare altro: «Probabilmente quel pomeriggio è stato il mio inconscio a spingermi a fare quella ricerca su internet, di certo c’è che quel giorno è cambiata la mia vita». Infatti, il ragazzo scopre che in Italia le scuole di musical più importanti sono a Bologna e a Milano e decide di tentare di entrare in quest’ultima: «Ho annunciato ai miei che mollavo l’università per seguire la mia passione e loro, seppur malvolentieri, mi hanno sostenuto – ricorda –. Tento l’audizione alla Scuola del Musical di Milano senza aver preso mai lezioni di canto, ballo e recitazione e riesco a entrare. E lì iniziano due anni molto intensi, frequentando un’accademia bellissima dove insegnano a raccontare una storia cantando, ballando e recitando. Una preparazione che le scuole delle singole discipline non possono dare».
 
Uscito dall’accademia di Milano, Carlo viene scritturato in un musical: «Sono entrato nel cast di “Peter Pan”, uno spettacolo di Maurizio Colombi con musiche di Edoardo Bennato, interpretando il cantastorie che apriva lo show e uno dei pirati di Capitan Uncino». Un’esperienza che gli dà consapevolezza delle sue capacità, ma lo fa scontrare anche con la difficile realtà italiana: «Nel nostro paese ci sono poche produzioni e pochi soldi da investire. Perciò in quel periodo ho dovuto lavorare anche per eventi di Dolce & Gabbana e Bulgari o in alcuni locali per mantenermi. Esperienze che mi hanno fatto crescere e che rifarei con piacere, ma la mia passione restava il musical».
 
Poi nel 2017 nella vita di Carlo c’è una nuova svolta: «Per ragioni di cuore mi trasferisco in Germania, rifiutando un contratto alla Rai per il programma di Mika, dove inizio a fare diverse audizioni. Così vengo scritturato per alcuni spettacoli nei teatri di Karlsruhe e Dresda, entrando nel cast di musical come “Hair”, “The Stripper” e “Dirty Dancing”, con cui ho girato i maggiori teatri tedeschi. In seguito mi sposto in Austria, dove il regista Werner Sobotka mi sceglie per “Kiss of spiderwoman”, ma ho lavorato anche con la famosa coreografa Kim Duddy e il regista Andreas Gergen con cui attualmente sono in scena con “Sister Act”».
 
Ora Carlo, dopo tanto girovagare tra le città tedesche e austriache, ha deciso di stabilirsi a Vienna, dov’è diventato un apprezzato musical performer: «In Germania e in Austria, come anche in Svizzera, per non parlare di Londra e New York, il musical è una forma d’arte a cui si dà molta considerazione, gli artisti sono rispettati e gli sono riconosciuti molti diritti, mentre in Italia questo non avviene – sostiene Carlo –. Per esempio, in Italia durante la tournée di “Peter Pan” ho avuto un incidente in cui ho perso un dente, ma le spese mediche mi sono state rimborsate solo in piccola parte, invece in Germania, quando sono caduto da un’altezza di 5 metri e ho rischiato la vita, il regista era tutti i giorni con me in ospedale e mi ha pagato come se avessi lavorato. Ma questo è solo il caso limite, sono tanti i diritti che sono riconosciuti a chi fa questo lavoro, permettendoci di mantenerci solo facendo musical».
 
Ecco perché Carlo non pensa di rientrare in Italia: «In Germania e in Austria ho faticato il triplo per emergere, perché recitare e cantare in tedesco è tutt’altro che semplice e so che se potessi farlo nella mia lingua renderei ancora di più, ma quella di tornare a casa non è un’idea contemplabile – sostiene –. Purtroppo, nel nostro paese il musical è poco conosciuto. Soprattutto al sud non ci sono scuole, anche se c’è molto talento, una cosa che ho potuto costatare di persona – denuncia il 27enne –. La speranza è che lo Stato investa molto di più in questo settore, aiutando i ragazzi a intraprendere un percorso e a renderlo un vero lavoro».
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