Free Guy, Ryan Reynolds eroe per caso nel videogioco della vita

Free Guy, Ryan Reynolds eroe per caso nel videogioco della vita
di Titta Fiore
Giovedì 5 Agosto 2021, 09:00
4 Minuti di Lettura

Nel mondo di Free City se ne vedono di tutti i colori: rapine sanguinose, auto che esplodono, aerei che si schiantano nei grattacieli. Ogni giorno così, in un incredibile, surreale tran tran che sembra all'impiegato di banca Guy la più normale delle vite. Salvo rendersi conto, un bel giorno, che niente di quel che lo circonda è reale. L'ilare giovanotto Guy (lo interpreta Ryan Reynolds) in realtà è un Npc, un personaggio non giocabile, all'interno di un videogioco open world. A quel punto non gli resta che allearsi con l'avatar di un'umana per prendere finalmente il controllo della sua vita, salvare il videogioco prima che il programmatore lo spenga e, già che c'è, mettere in sicurezza anche il suo mondo.

Diretto da Shawn Levy su una sceneggiatura di Matt Lieberman, prodotto dalla Twentieth Century Fox, «Free Guy - Eroe per gioco» esce l'11 agosto nelle sale dopo diversi rinvii dovuti alla pandemia.

Dice il regista, un veterano delle commedie d'azione che ha alle spalle successi come «Una notte da leoni», «Real Steel» e «Stranger Things», in una «global conference» da remoto con il cast: «Il nostro film è un antidoto alle difficoltà che abbiamo vissuto nell'ultimo periodo, parla di speranza e di quanto sia importante conservare l'innocenza in un mondo che sa essere cinico e indifferente. Abbiamo aspettato a lungo di condividerlo con il pubblico in sala e finalmente ci siamo. Free Guy è stato realizzato per emozionarci insieme nel buio di un cinema, per vivere un piacere collettivo fatto di grande spettacolo e di cuore». 

Smessi i panni superomistici e straripanti di Deadpool, Ryan Reynolds si è trasformato in un supereroe di tutt'altra natura, un campione della normalità in camicia azzurra, occhiali da vista e jeans. Un bravo ragazzo che si ritrova ad affrontare sfide impensate. Com'è andata, sul set? «Mi è piaciuto molto interpretare un personaggio ingenuo e innocente, per certi versi mi sono ispirato a Peter Sellers di Oltre il giardino. Guy è come un bambino di quattro anni che si diverte a esplorare il mondo con occhi nuovi e a filtrare la realtà attraverso il prisma dei suoi sentimenti. I personaggi che si staccano dallo sfondo sono quelli che preferisco, in questa storia sono un inguaribile ottimista e ho recitato con un sorriso stampato sul volto dall'inizio alla fine». Al suo fianco, la dinamica Jodie Comer nei panni di Millie/Molotov Girl, una programmatrice che ha sviluppato il gioco, ma si è vista sottrarre la proprietà intellettuale: «Il mio è un ruolo sfaccettato, rappresento la resilienza femminile in un mondo di uomini e sul set era bello far valere le mie idee». Qualche suggerimento per gli spettatori? «Beh, nella storia ci sono tanti passaggi divertenti, cose piccole e grandi, diciamo che è stato bello giocare anche a quarant'anni». Completano il cast stellare Lil Rel Howery («ammiravo Ryan in Deadpool, ora è nata un'amicizia vera»), Taika Waititi, Joe Keery e Utkarsh Ambudkar. E alcune delle figure più importanti del mondo dei videogiochi compaiono in un cameo.

Inevitabili i rimandi alle suggestioni di film come «The Truman Show», «Se mi lasci ti cancello», «Ralph Spaccatutto» o «Ready Player One», ma il regista assicura di aver mescolato gli ingredienti tipici del genere in una chiave diversa e originale. «Per rappresentare il mondo dei videogame in modo corretto ho parlato con molti programmatori e guardato un'infinità di giochi. Non è stata una passeggiata, ma ne è valsa la pena. È la parte divertente del nostro lavoro imparare sempre cose nuove. In questo caso era importante che noi spettatori sentissimo la passione del protagonista per il suo mondo, perché da qui parte tutta l'azione». Nel film Guy impara a riscrivere la propria storia per diventare ciò che desidera. Che ne dice Reynolds? «Penso che, nei limiti del realismo, qualcosa del genere sia possibile» ha spiegato in più occasioni il divo. «L'anno che ci lasciamo alle spalle ci ha insegnato a guardarci dentro e a chiederci cosa possiamo fare per sentirci meglio. Ed è stato uno dei pochi regali di un periodo davvero difficile». 

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