Gino Paoli: «Mi sparai perché avevo tutto. Ornella Vanoni mi insegnò il sesso. Oggi le cantanti hanno successo perché mostrano il sedere»

Gino Paoli: «Mi sparai perché avevo tutto. Ornella Vanoni mi insegnò il sesso. Oggi le cantanti hanno successo perché mostrano il sedere»
Venerdì 15 Dicembre 2023, 09:35 - Ultimo agg. 15:31
5 Minuti di Lettura

Gino Paoli aveva tutto ma «non sentivo più niente. Le due donne più belle d’Italia, Ornella Vanoni e Stefania Sandrelli, erano innamorate di me. In garage avevo una Porsche, una Ferrari e una Flaminia Touring. Cos’altro potevo avere? Volevo vedere cosa c’era dall’altra parte». Per questo tentò di togliersi la vita sparandosi al cuore. Ma non ci riuscì. Era l'11 luglio 1963 racconta ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera: «Provo con i barbiturici, il Nembutal, annaffiati con il calvados, ma non mi fanno niente. Penso di gettarmi di sotto; ma non voglio dare a mia madre il dolore di vedere un figlio straziato. Mi ricordo di avere due pistole. Faccio le prove sparando con la Derringer calibro 5 dentro un libro bello spesso, e vedo che il proiettile entra in profondità. Così mi corico sul letto, e mi sparo. Non alla testa, sempre per non dare quel dolore a mia madre. Al cuore». Ma il proiettile si fermò nel pericardio. E oggi è ancora lì vicino al suo cuore.

Il tradimento di Stefania Sandrelli

La leggenda racconta che Gino Paoli si sparò perché aveva scoperto la storia tra Luigi Tenco e Stefania Sandrelli. «Quello accadde dopo.

Luigi mi telefonò: “Sono a letto con Stefania”. La presi malissimo e ruppi con entrambi. Se non l’avessi fatto, lui sarebbe ancora vivo. Quella sua telefonata non nasceva da una vanteria maschile, ma da un senso di protezione. Tenco era legatissimo alla mia prima moglie, Anna. Era il suo modo di dirmi che Stefania non era la donna giusta per me».

La morte di Tenco

Che idea si è fatto della morte di Tenco? Risposta: «Un colpo di teatro non riuscito. Come se avesse voluto imitare me: spararsi, e restare vivo. Andava molto una droga arrivata dalla Svezia, il Pronox, che ti dava un senso di sdoppiamento, come se non fossi più responsabile di te stesso... Appena arrivò la notizia mi precipitai a Sanremo. Il Festival andava fermato; e se fossi stato in gara sarei riuscito a fermarlo. Incontrai Lucio Dalla, e lo attaccai al muro perché avrebbe dovuto ritirarsi»

Il carcere

Tornando al suo mancato suicidio, «il mio amico della vita - racconta il cantautore genovese a il Corriere della Sera -  Arnaldo Bagnasco, era semmai convinto che fossi depresso per l’incidente stradale in cui era rimasto ucciso un giovane musicista. Io invece penso che la molla decisiva sia stata la guerra». Si la guerra: «Uno dei miei primi ricordi è la fila dei cadaveri allineati sul ponte di Recco». Suo papà comandava il sommergibile Fratelli Bandiera, sua madre era nata suddita dell’Impero austriaco, a Monfalcone. Lui ha lo stesso nome di suo nonno, operaio all’altoforno di Piombino. Cresciuto tra le bombe, con i nazisti che lasciano Genova senza radarla al suolo. Cresce imparando a tirare di boxe. «Mio padre mi disse: se le buschi, ilresto te lo do io. Nella Genova del dopoguerra saper fare a botte era una necessità». Fece a pugni anche con Felice Maniero: «Memo Remigi mi disse:“Sei matto Gino a fare a pugni con il capo della mala del Brenta?”. In galera invece sono finito io, ma un’altra volta: picchiai uno che stava bastonando un cane».

L'amore con la Vanoni

L'incontro con la Vanoni nel 1960. «Io le ho insegnato a cantare: senza di me avrebbe continuato con le canzoni della mala con cui lei, di famiglia borghese, non c’entrava nulla. Ornella mi ha insegnato il sesso. Ero pieno di sensi di colpa. Con lei ho imparato a parlare facendo l’amore. Prima andavo a letto con chiunque respirasse; con Ornella ho scoperto la libertà e la naturalezza».

Ma Gino all'epoca erà già sposato con Anna. E un giorno succede che in giardino, in un hotel in cui alloggiava ritrova sedute su un dondolo entrambe e gli dicono: "Adesso devi scegliere. O una o l’altra”: «Le ho mandate tutte e due al diavolo, e me ne sono andato».

L'alcol e la droga

Gino è padre di Giovanni avuta da Anna e Amanda da Stefania Sandrelli. «I rotocalchi impazzirono. Mi seguivano dappertutto, per fotografarmi con i bambini ma li fermai...».

Nel 1968 con l'arrivo della rivoluzione decise di ritirarsi dalla scena. Va a Levanto, apre un locale ma cade nel mondo della droga: «Ne ero diventato prigioniero. Per due anni. Avevo iniziato con un canna, per recuperare la voce. Poi ho provato cose sempre più pesanti. Ma quando hanno arrestato il mio pusher, ho smesso. Non per virtù, per necessità». Con l’alcol è stata più dura. «Per vent’anni mi sono scolato una bottiglia di whisky al giorno. Ora, come vede, non bevo neppure il pigato». Rimpiange di non essere riuscito però a salvare suo fratello Guido: «sprofondò nell’alcol senza che io me ne accorgessi».

La compagna

Ora la vita di Gino Paoli è con Paola. Quando la conobbe aveva quindici anni. Si ripresentò poi a sedici: «All’epoca avevo una donna in ogni città: Paola le affrontò tutte. La rivale più pericolosa, quella di Torino, quasi una fidanzata, la mise in fuga sguainando un coltello a serramanico». Per Gino Paolo il mondo dello spettacolo oggi è un mondo di m...: «Perché è tutto apparenza. Oggi peggio di ieri. Ieri avevamo Mina e la Vanoni. Oggi emergono le cantanti che mostrano il culo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA