Gnut, un folksinger vagabondo che si prende quello che merita

Claudio Domestico, in arte Gnut
Claudio Domestico, in arte Gnut
di Federico Vacalebre
Sabato 3 Maggio 2014, 18:52 - Ultimo agg. 19:43
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Ha fatto bene a Gnut, alias Claudio Domestico, la parentesi dei Tarall&Wine con Dario Sansone: Prenditi quel che meriti, suo terzo album, edito dalla Inri un disco meno chiuso e intimista, aperto a squarci di luce, sia pur sempre color pastello.



La solarità e la veracità «fatta a vino» del project side con il leader dei Foja sono lontane da queste ballate da Nick Drake (va bene, non esageriamo facciamo da Paolo Nutini) mediterraneo, da filastrocche esistenzialiste come «Quello che meriti», dal racconto familiare di «Solo una carezzadell’uomo che diceva d’amarla, da», storia di una bisnonna materna, vittima della violenza lle accordature speciali di «Foglie in dadgad» ed «Estate in dadgad», scelte per causa di forza maggiore (i danni subiti dopo un incidente).



Eppure Gnut non è più chiuso dentro di sè, divide con chi l’ascolta il flusso emotivo di «Fiume lento» (con Giovanni Gulino dei Marta sui Tubi), «Ora che sei». «Dimmi cosa resta» veste d’allegro qualcosa che allegro non è, «Torno» è quasi un manifesto: «Se per ogni vittoria ci son cento sconfitte/ le prendo e le porto via con me». «Passione» è l’anello di raccordo con la tradizione partenopea prima digerita e poi riletta. L’ironia amara, la voce scabrosa, i versi feroci, la capacità di parlare di sé, ma non solo: Domestico, ottimamente accompagnato, è più che una promessa.








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