Jon Bon Jovi, «Thank you, good night» su Disney+

«Nato per il rock'n'roll: ​vi racconto la mia vita»

Jon Bon Jovi
Jon Bon Jovi
di Francesca Scorcucchi
Martedì 20 Febbraio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 21 Febbraio, 07:25
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«Quando abbiamo deciso di fare un documentario sul quarantesimo anniversario della fondazione della band ci siamo posti un obiettivo: essere onesti. Non volevamo la solita storiella sulla rock band che arranca sino al successo. Volevo la storia autentica del nostro viaggio». Parole di Jon Bon Jovi a proposito di «Thank you, good night - The Bon Jovi story», dal 26 aprile su Disney +: la docuserie in quattro puntate, racconta i successi ma anche i momenti duri del gruppo nato nel 1984 in New Jersey. «Più va avanti la storia e più diventa profonda, oscura, pazzesca», avverte il rocker.

Alla regia c'è Gotham Chopra, il regista del documentario targato Netflix «McGregor forever»: «Gotham mi ha consentito di essere aperto ed onesto con lui», spiega John Francis Bongiovi junior (Perth Amboy, 2 marzo 1962).

Le quattro puntate ripercorrono quattro decenni di rock and roll, documentando il presente e il passato del gruppo di «Living on a prayer», «It's my life» e «Wanted dead or alive». C'è tutto: dall'infanzia in quel paesone che è il New Jersey alla gestione della vita familiare ed artistica, alle difficoltà dovute ai recenti problemi con le corde vocali: «Sono praticamente nato con una chitarra in mano», dice alle telecamere il leader, «non avrei potuto davvero far altro».

Bon Jovi è una delle poche rockstar che non ha mai subito il fascino della droga: «L'unica cosa che è entrata nel mio naso sono le mie dita», scherza, poi il discorso si fa più serio, ricordando quando, nel bel mezzo di una brutta notte una telefonata gli annunciò l'overdose della figlia Stephanie: «Uno del momenti più brutti della mia vita», ricorda. Sposato dal 1989 con la fidanzatina del liceo, Dorothea Hurley, Jon Bon Jovi ha quattro figli. Stephanie è la maggiore, 29 anni. Poi sono arrivati Jesse James, 27, Jacob Hurley, 21 e Romeo Jon, 18. Una vita privata lontana dagli stereotipi delle esagerazioni da showbiz: «Nelle mie canzoni non ho mai potuto raccontare delle mie disavventure affettive come fa Taylor Swift», scherza, «ma ho sempre narrato il mio mondo e sono cresciuto con il mio pubblico. Non ho mai preteso di essere quello che non sono». 

Bon Jovi mostra un'importante raccolta di audiocassette. Su una c'è scritto «colonna sonora per Day of Thunder», il film di Tom Cruise. Sotto ha scritto: «Non buona». Una risata introduce il discorso sui cambiamenti, anzi le rivoluzioni, nel mondo della musica: «Quando abbiamo iniziato non c'erano i computer. Ora ci sono i cellulari e i social media. Quando abbiamo iniziato registravamo sulle cassette, poi sono arrivati le cassette vhs e i cd, ora c'è lo streaming. È cambiato tutto ma io sono sempre me stesso», garantisce.

E costanza e fedeltà sono parole chiave nella sua carriera, nella sua vita privata, nelle quattro puntate. Fedeltà nel rapporto di coppia ma anche dal punto di vista professionale: «Ho visto passare molti presidenti di varie etichette, ho visto crescere palazzi e compagnie, e poi crollare. La cosa che non è mai cambiata è questa: sto con la stessa etichetta da quarant'anni».

Ci fosse al mondo un extraterrestre che non lo conoscesse, ad ascoltarlo penserebbe di avere a che fare con una persona noiosa e ostinatamente chiusa nel passato. Non è così: «Sono aperto al cambiamento e non vedo l'ora di scoprire il prossimo Bob Dylan che sarà in grado di parlare alle nuove generazioni con il loro linguaggio e i loro mezzi». 

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Nel documentario Jon Bon Jovi affronta anche i recenti problemi con la voce che lo hanno portato, nel 2022, a subire un intervento chirurgico ricostruttivo ad una corda vocale e che ora lo costringono a ore di riabilitazione con tre differenti vocal coach e all'uso di un macchinario laser per la riduzione delle infiammazioni: «Essere un vero cantante è sempre stato per me motivo di orgoglio. Ho duettato con Pavarotti e ne sono fiero. So cantare e ho studiato come farlo, mi sono esercitato per quarant'anni. È stato spaventoso quando i medici mi hanno detto che rischiavo di dover smettere. Una corda vocale si era atrofizzata. Ma ho trovato un chirurgo che con una tecnica all'avanguardia me l'ha ricostruita. L'altra sera ho cantato per la prima volta in pubblico dopo l'operazione, è stata una bella sensazione. C'è ancora da lavorarci, fare esercizio, ma il peggio è passato e poi, ragazzi! Ho un grandioso documentario in uscita!».

Per i fan della band è in uscita anche, il 24 marzo, una nuova versione deluxe, anche in vinile colorato, del primo album, «Bon Jovi». 

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