Laura Pausini, Anime parallele: «Il mio album nato durante la pandemia»

«Dovevo mettermi alla prova con me stessa, spesso non mi sento all'altezza della mia carriera»

Laura Pausini
Laura Pausini
di Andrea Spinelli
Sabato 28 Ottobre 2023, 08:00 - Ultimo agg. 29 Ottobre, 09:34
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Alle spalle i festeggiamenti per i primi 30 anni di carriera, davanti a sé quelli per il mezzo secolo, boa che sorpasserà il 16 maggio dell'anno prossimo. Laura Pausini, tanto per restare nel campo della numerologia, in «Anime parallele» incrocia 16 nuove canzoni. Tante, forse troppe, per un album nato con l'ambizione di riprendersi i favori delle radio collezionando singoli su singoli. Cinque anni dopo «Fatti sentire» e un digiuno di nuove canzoni interrotto solo da «Io sì (Seen)» affidata nel 2020 alla colonna sonora del film di Edoardo Ponti «La vita davanti a sé», la diva di Solarolo sa di dover cambiare passo. «Non è scontato, nemmeno dopo trent'anni di mestiere, che quando esce un nuovo disco, io mi senta sicura di me. Sopra al palco lo sono, ma giù ho bisogno d'incoraggiamento».

Iniziamo dalle «Anime parallele»?
«Questo disco l'ho immaginato due anni fa come una raccolta di 16 stati d'animo diversi, rappresentati graficamente nell'artwork della copertina con 16 persone e 16 oggetti diversi.

Ho pensato di uscire dal mio corpo e osservarmi dall'alto. Durante la pandemia abbiamo avuto tutti molto tempo, molto spazio per porci le domande che avevamo rimandato. Chiusi in casa eravamo tutti uguali, animali in gabbia, poi, riaperti i cancelli, siamo tornati ad allontanarci gli uni dagli altri. Anime parallele, appunto, ma omologate per paura di essere escluse».

In un brano come «Dimora natura» c'è sua figlia Paola.
«Volevo farle una sorpresa e, invece, un giorno me la sono trovata in studio. Paola mi ha chiesto per chi fosse quel pezzo e le ho risposto che era per lei, così ha voluto cantarlo tenendomi la mano. Per una che spera tanto sua figlia scelga un altro mestiere rispetto al suo come me, ha del paradossale averle risposto di sì. Ma continuo ad augurarmi diventi architetto».

E anche il pezzo più personale del disco con «Davanti a noi».
«È vero: le parole sono le promesse di matrimonio che ci siamo scambiati con mio marito Paolo Carta».

Tutti pazzi per i duetti, i featuring, lei no.
«Dovevo mettermi alla prova con me stessa, spesso non mi sento all'altezza della mia carriera. Questo mi rende molto esigente, con me prima ancora che con gli altri. Sul palco come nei dischi, infatti, ho bisogno di restituire a chi mi ascolta l'amore che ha reso possibile tutto questo».

«Flashback» parla di violenze familiari.
«Quelle patite da una mia fan, Alessia Pizzuti, che nomino solo perché le ha raccontate da poco in un libro, L'eco della tua voce. Quindici anni fa mi chiamò in radio per chiedere aiuto, confidandomi di essere vittima di abusi da parte del padre. Nel volume dice che io sono la luce che l'ha aiutata a credere ancora nella vita. Ora è libera e madre di due figli, ma il passato non si cancella».

Tra le 16 canzoni-personaggi c'è anche «Vale la pena».
«Virna un giorno m'ha scritto per condividere il dolore della morte del fidanzato. Col pensiero ad entrambi ho voluto inserire nel testo una citazione della mia “Una storia che vale”, suo pezzo preferito, e un verso del Vasco di “Va bene, va bene così”, pezzo preferito dal fidanzato».

Sanremo? San Siro? Altri santi preferiti?
«Durante il Festival sarò in tour all'estero e se ci sarà occasione di tornare in Italia qualche giorno intendo sfruttarlo per stare vicina a Paola. Quanto a San Siro, me l'avevano proposto, ma alla fine ho preferito i palasport: il mio giro del mondo parte dall'Italia, l'8 dicembre, da Rimini. Ci vediamo al PalaSele di Eboli subito dopo Natale, il 26 e 27». 

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