Liberato, il 9 dicembre esce il secondo album su vinile e cd

L’autotune non manca, ma a tratti la voce è chiarissima e persino solitaria e tra un verso e un altro si sommano lacerti e citazioni di canzoni napoletane classiche

Liberato, il 9 dicembre esce il secondo album su vinile e cd
di Federico Vacalebre
Martedì 6 Dicembre 2022, 09:46 - Ultimo agg. 09:51
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Il 9 dicembre non è il 9 maggio, ma entrerà di diritto nel calendario di Liberato: il cantante senza volto ha scelto quella data per far uscire, come annunciato con un post sui suoi social, la versione in vinile e su cd di II, il suo secondo album, uscito nello scorso maggio, il 9 si intende, originariamente pubblicato solo on line con il puntuale commento delle immagini di Francesco Lettieri. Una strenna natalizia già preordinabile dal suo sito, con shopper di accompagnamento.

Sette brani, il primo ha un titolo da fare tremare i polsi a un (presunto) cantante newpolitano: «Partenope». Giacomo Rizzo - il re Ferdinando IV? - si abboffa di pesce a Palazzo Reale sotto gli sguardi della servitù settecentesca, quando trova nel piatto un anello con una perla. «’O chiostro ‘e Santa Chiara ‘na mattina t’encuntraje, accumminciaje a canta’, nun l’aggia fatto maje», dicono i primi versi, la canzone è sempre d’amore, anzi d’ammore, ma intanto, una donna vestita di bianco (la danzatrice Tonia Laterza) entra nella reggia sotto gli occhi stupefatti dei soldati, mentre un munaciello suona il pianoforte tentando di intrattenere la corte. L’autotune non manca, ma a tratti la voce è chiarissima e persino solitaria e tra un verso e un altro si sommano lacerti e citazioni di canzoni napoletane classiche: «Levate ‘a cammesella... abbascio ci sta’ Scalinatella... ‘o ritratto ‘e Nanninella». Ogni tanto viene in mente una versione digitale della «Gatta Cenerentola», sensazione che sarà poi amplificata dalla cover di «Cicerenella», la città viene attraversata nel testo dal chiostro di Santa Chiara al parco della Rimembranza, mentre la donna di bianco vestita si rivela essere una sirena, Partenope appunto, fulmina il re Giacomo Rizzo e si riprende l’anello che aveva perso, prima di tornare nel suo elemento naturale, l’acqua del mare. 

Si continua con «Nun ce penza’» («Nun putimmo fa l’ammore forever», spiegano le parole dedicate alla fine di una love story), mentre il video è fisso sulla scalone di Palazzo Reale, dove due amoreggiano senza mostrare il volto.

Il ritmo è urban, dance che non accelera troppo, torna lo slang anglonapoletano già caro un tempo a Pino Daniele, il papà di tutti i suoni newpolitani. In rete qualcuno ci legge la leggenda dei due giovani di casati diversi a cui per questo fu impedito di sposarsi: lei si inabissò dando vita all’isola di Capri, lui, di nome Vesuvio, pianse lacrime di fuoco.

«Nunneover» - Salvatore Palomba mi scuserà, ma questo è il napoletano 2.2 di Liberato - ha un appeal postmalinconico, postromantico, tra citazioni del cimitero delle Fontanelle, Fuorigrotta e di Caravaggio, quasi a radicare sempre di più la narrazione sentimentale, come i continui riferimenti alla storia cittadina. «Anna» è un volo da Capodichino, un invito a non andare sposa «cu’ chillo» (visto il nome: nessun riferimento all’«Annare’» di Gigi D’Alessio?), e anche qui ci sarebbe nascosto un riferimento a una leggenda, quella di Palazzo Donn’Anna. Quel che certo è che, dopo mezzo giro del mondo, si torna a casa, mentre nel video di accompagnamento si balla a corte.

La storia di «Anna» forse continua in «Guagliuncella napulitana», come la contaminazione delle lingue, visto che la protagonista sposa «rimmane». L’incipit, comunque, torna al gioco delle citazioni canore: «Tu si ‘na malatia...». In ogni caso il brano più vicino al primo album, il segnale di continuità. 

Video

«Cicerenella» reload è un capolavoro che si imporrà sul dancefloor metronapoletano, mentre le immagini di Lettieri mostrano un teatrino di guarrattelle, mai Pulcinella fu così postmoderno.

«‘Na storia ‘è ‘na sera» non è quello che dice il titolo, visto che quella che doveva essere «una botta e via» è diventato un cortocircuito. E «Tengo ‘nu burdello inside» è subito eletto verso del giorno, del mese, dell’anno, se non della nostra intera esistenza.

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