Il ritorno di Principe (senza Socio M) e l'omaggio a Joe Strummer: il punk parla napoletano

I Principe Punk Foundation nel videoclip Joe Strummer
I Principe Punk Foundation nel videoclip Joe Strummer
di Gennaro Morra
Sabato 20 Luglio 2019, 17:33 - Ultimo agg. 19:53
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Sul corpo di Antonio De Carmine ci sono solo due tatuaggi: il primo recita “Targato Na”, titolo della canzone con cui partecipò all’edizione datata 2001 del Festival di Sanremo insieme all’amico fraterno Mauro Spenillo, che con lui forma il duo Principe & Socio M; il secondo riporta semplicemente il nome The Clash, la sua band preferita fin da quando era un ragazzo. Segni che rappresentano le sue due anime musicali e che sintetizzano una carriera artistica, divisa tra il cantautorato italiano e il punk d’oltremanica.
 
«Se mi sono avvicinato alla musica è grazie al gruppo britannico – racconta il cantante –. Sono cresciuto con il punk e volevo suonare quel genere, ma all’epoca gli addetti ai lavori mi ripetevano che il punk non interessava più a nessuno, così verso i 23-24 anni lo abbandonai». E allora Antonio De Carmine, che in arte si fa chiamare Principe, soprannome affibbiatogli dagli amici per il fatto di essere cresciuto nel Maschio Angioino, figlio del capo dei custodi del monumento partenopeo, insieme all’amico di sempre, Mauro Spenillo, arriva fino a Sanremo con un brano che si avvicina più a “La guerra di Piero” di De Andrè che a “Calling London” degli amati Clash. Il duo tra il 1999 e il 2001 pubblica due album e in seguito collabora con altri artisti nella produzione dei loro dischi: da Gragnaniello alla Vanoni fino ad Amoruso e Onorato, passando per la Caselli e Vessicchio, sono tanti i personaggi che hanno stazionato nello studio di registrazione costruito proprio in una delle torri del castello che affaccia sul golfo di Napoli.
 
Poi nel 2014, anche se le loro strade non si dividono del tutto, Antonio e Mauro mettono il loro progetto comune in stand by e iniziano a pensare a una carriera da solista. In particolare Principe compone e pubblica on line canzoni in napoletano, che richiamano atmosfere mutuate da Pino Daniele, un altro suo mito. E dell’anno scorso è la partecipazione al Primo Maggio a piazza Dante con Frank Carpentieri con cui pubblica il singolo “Core mio”. Sempre con il dj, rapper e produttore napoletano scrive la sigla del programma “Made in sud”, cantata dallo stesso Principe e da Edoardo Bennato, Rocco Hunt e Franco Ricciardi. Ma dentro di sé il sogno di essere un musicista punk è ancora vivo: «Alla soglia dei 50 anni ho deciso di fregarmene degli altri e sono tornato al mio primo amore – confessa il musicista –. Per un po’ le canzoni che scrivevo, musica punk e testi in napoletano, non le ho fatte sentire a nessuno. Poi Enzo Russo, chitarrista e produttore, ha insistito perché gli facessi ascoltare qualcosa e se n’è innamorato. Così ha coinvolto il batterista Andrea Cannata e il bassista Robert Panique ed è nata la Principe Punk Foundation».
 

Il disco è già pronto, dovrebbe uscire tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, mentre il videoclip del singolo è su Youtube da meno di una settimana: «L’album s’intitola “Eravamo io, Joe Strummer e il mio vicino di casa”, invece il brano che è già on line porta semplicemente il nome del cantante dei Clash, non potevamo partire che da un omaggio a lui – annuncia Principe –. Abbiamo fatto ascoltare il disco a diversi discografici, ma ci hanno posto troppi problemi, e allora ce lo siamo prodotti da soli. Ci avevano anche sconsigliato di far uscire il video in questo periodo, invece abbiamo avuto un boom di visualizzazioni e ci stanno contattando per invitarci a suonare in diverse città italiane ed europee. Insomma, un successo clamoroso che non ci aspettavamo e che ci rende felicissimi».
 
Ma il progetto P. P. F. non si limiterà alla produzione musicale: «Il termine “foundation” non è stato inserito nel nome della band solo perché suonava bene, ma vorremmo essere anche una fondazione che svolge una funzione sociale, promuovendo e sostenendo iniziative di solidarietà – spiega Antonio De Carmine –. Del resto, il punk è sempre stato combat rock, mentre oggi ci sembra che si faccia molta lotta sui social e ci s’impegni poco nella vita reale».
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