«Nomade che non sono altro» su Rai 3: «Ci superano soltanto i Rolling Stones»

«Riaprire dei nastri, riascoltarli... è stata dura perché vengono alla mente i giorni e gli anni trascorsi insieme»

Esce il cofanetto celebrativo dei Nomadi
Esce il cofanetto celebrativo dei Nomadi
di Enzo Gentile
Sabato 23 Dicembre 2023, 08:03 - Ultimo agg. 17:04
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Sessant'anni (di storia) e non sentirli. I Nomadi hanno tagliato un traguardo che pochissimi colleghi possono vantare nel mondo, e continuano a girare dal vivo, a realizzare dischi e nuovi progetti con una continuità e un piacere invidiabili, peraltro condivisi da un pubblico dal sicuro ricambio generazionale. Per festeggiare l'anniversario importante ecco un cofanetto dai reperti preziosi, ma anche un documentario, «Nomade che non sono altro», regia di Fedora Sasso, annunciato il 7 gennaio su Raitre.

Che bilancio traccia di questi primi sessant'anni da Nomadi Beppe Carletti?
«È stata una magnifica esperienza, dopo i Rolling Stones siamo la band più longeva al mondo», risponde il musicista, che in quel lontano 1963 della fondazione era un adolescente di belle speranze ed oggi è rimasto l'unico testimone di quei giorni: «Se abbiamo avuto un ruolo, è stato quello di rompere certi tabù, con canzoni come “Dio è morto”.

Cosa lasciamo non lo so, di certo se siamo ancora qui non è perché siamo belli, ma perché siamo stati coerenti con la nostra storia e nessuno può dire il contrario. Difficile anche fissare in una sola immagine 60 anni di storia unica: siamo stati sei ragazzi che dalla provincia sono andati se non alla conquista del mondo, quantomeno alla conquista dei propri sogni».

Veniamo al docufilm.
«Hanno girato molto materiale nella nostra Novellara e si sente il clima, si ritrovano le radici del nostro lavoro, nelle immagini di oggi come in quelle ricavate dalle teche Rai dove ho rivisto i primi Nomadi».

Poi c'è il box di quattro cd e due dvd in cui sono state raccolte pagine segrete o dimenticate della band emiliana. Si intitola «È stato veramente bellissimo» e in copertina c'è la foto dei due ragazzi che iniziarono l'impresa, lei e Augusto Daolio, scomparso nel 1992.
«Riaprire dei nastri, riascoltarli... è stata dura perché vengono alla mente i giorni e gli anni trascorsi insieme. Siamo partiti quando avevamo 16 anni, siamo diventati adulti insieme, senza mai litigare e senza discutere più di tanto. Il magone c'è stato, ma è normale. E ai giovani auguro di trovare un compagno di viaggio come Augusto, un artista a 360 gradi, per condividere la stessa passione. In passato avevamo già scovato un po' di inediti, ma poi frugando negli archivi, sono venute fuori tante altre cose interessanti. Ci sono provini, canzoni in lingua spagnola, tracce strumentali e anche appunti che ho completato».

Tra le chicche c'è «E il treno va».
«C'era solo una strofa, io ho aggiunto il resto per renderla fruibile».

Nei cd ci sono anche una bella selezione da concerti del periodo 1991-1992, mentre un dvd è centrato totalmente su Augusto, «Musicista, poeta, pittore», testimonianza già uscita su videocassetta e ormai fuori produzione da tempo: e qui le curiosità aumentano, perché si potrà riascoltare Daolio alle prese anche con un medley tutto dedicato a Bob Dylan, ed esecuzioni di «Just like a woman», «Blowin' in the wind», «Mr. tambourine man», «Knockin' on heaven's door». Una vera chicca.

E ora? Che faranno i Nomadi?
«Tanti concerti, come sempre, mentre le nuove canzoni dovranno aspettare ancora un po', non prevediamo un album prima del 2025. Ma qualcosa in pentola bolle sempre».

Spesso in passato vi siete candidati a Sanremo, ma le vostre canzoni sono state regolarmente bocciate: quest'anno avete proposto qualcosa?
«No, sono molto dispiaciuto e amareggiato per il disinteresse mostrato in questi anni nei nostri confronti, tanto che stavolta non ci ho nemmeno voluto pensare. Sarebbe bastato un segnale, senza impegno, con Amadeus che chiedeva una canzone ai Nomadi: poi l'avrebbe giudicata. In fondo una storia come la nostra lo avrebbe permesso. Invece niente. Da indesiderati sarebbe stato brutto insistere per poi essere rifiutati: ma Sanremo è così, ci sono tanti anniversari e possibilità di cui ci si è dimenticati, mi riferisco ad artisti come Gaber e Jannacci, ad esempio. Diciamo che in fatto di rimozione della memoria siamo in buona compagnia»». 

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