Stefano Bollani, Blooming: «Dal mio pianoforte jazz spuntano fiori di campo»

«Mi piace sentirmi jazzista. Non penso tanto a un suono, a un genere specifico, ma all'improvvisazione, alla libertà che è la caratteristica principale di questa musica e di chi la pratica»

Stefano Bollani
Stefano Bollani
Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Mercoledì 3 Maggio 2023, 07:05 - Ultimo agg. 19:16
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La fioritura di cui parla il titolo del nuovo album di Stefano Bollani, «Blooming» (Sony), è di campo, non di serra, anche se la copertina - progetto grafico di Valentina Cenni, la compagna del pianista e sua metà anche nelle avventure televisive di «Via dei matti n. 0» - trasforma i petali in fuochi d'artificio che partono dal mare: «Questi brani sono fioriti nel giardino del mio pianoforte, li ho annaffiati, nutriti e, se necessario, potati» racconta il jazzista che si è fatto entertainer e divulgatore, ma non rinuncia alle sue origini, anzi le rivendica.

Viene in mente il Gianni Rodari cantato da Endrigo in «Ci vuole un fiore», Stefano.
«Sì, Sergio ci è caro, il titolo del programma di Raitre viene da un'altra sua canzone, stavolta su testo di Vinicius De Moraes.

Ci vuole sempre un fiore e questo è fiorito da un'idea di Valentina, da un periodo felice, dalla voglia di tornare a fare musica dopo il periodo di reclusione della pandemia. In tv - dove pure molti dei pezzi hanno avuto il loro debutto - si lavora con un bel gruppo di persone attorno, questo è un frutto solitario della mia creazione, un album intimo, che dice molto di me, senza filtri».

Un disco di pianoforte solo, che attraversa lo spettro sonoro a quasi 360 gradi. Alcuni titoli dicono dove andranno le tue mani sui tasti bianchi e neri.
«Di solito prima compongo e poi metto un titolo a un pezzo. A volte l'indicazione geografica funziona: Un giro per Bahia porta al Brasile certo, Vale a Cuba, invece, è piuttosto riferita al nostro viaggio sull'isola».

Ma come dobbiamo definirla la tua musica? Possiamo continuare a dirla «jazz», o la parola sta finendo in archivio?
«A me piace, mi piace sentirmi jazzista. Non penso tanto a un suono, a un genere specifico, ma all'improvvisazione, alla libertà che è la caratteristica principale di questa musica e di chi la pratica. E, poi, mi sembra che il jazz resista, frequento festival in mezzo mondo e... sì, resiste e si rinnova senza perdere la memoria del proprio passato».

Sabato 6 maggio sarai a Napoli, teatro Trianon, con un tuo piano solo, atteso poi il 5 settembre a San Leucio. Che spazio ci sarà per «Blooming»?
«Come giusto che sia, quei brani possono diventare spunti per le mie improvvisazioni, sono il biglietto per un viaggio la cui destinazione all'inizio è ignota anche a me».

Fioriture in vista per un ritorno su Raitre?
«Vale ed io siamo pronti, facciamo passare l'estate e vediamo che cosa ne diranno in azienda, sembrano tutti contenti dei risultati».

Hai già in mente nuove narrazioni sonore?
«Sì, certo, prendo un sacco di appunti: ogni disco che ascolto, libro che leggo, persona che ascolto, posto o quadro che vedo può suggerirmi qualcosa che finisce nella mia cartella delle idee, è strapiena».

Hai partecipato a «Oltre il blu», il disco-tributo a Luttazzi nel centenario della sua nascita.
«Suono un pezzo di Nico Gori dedicato a lui e sono contento davvero di potergli rendere omaggio. Quando ho accettato la sfida di occuparmi di musica in tv ho pensato a due modelli, non ne potevo trovare altri, come precedente c'era forse solo il Baricco narratore di Rossini: Leonard Bernstein con la sua semplicità divulgativa e il maestro Lelio. Il suo stile di intrattenitore mi ha affascinato sin da quando ho iniziato a misurarmi con la canzone, ma è diventato punto di riferimento indispensabile da quando ho messo piede in televisione».

Torniamo al disco: «Radici» ha suoni da Novecento francese.
«Sì e, come per i pezzi di ritmo carioca, me ne sono accorto dopo averlo scritto, non ho in mente una coordinata sonora quando inizio a lavorare a un brano».

Fiori di campo davvero?
«Sì, ma anche fiori d'artificio, come in copertina».

Altri progetti?
«Suonerò il concerto per due pianoforti di Francis Poulenc con Joo Hyung-ki: ci aspettano Taranto (27 maggio), Matera (28 maggio) e Roma (1 giugno, 3 giugno e 4 giugno). È un progetto che inseguivo da tempo, finalmente è fiorito». 

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