La magia dello Stradivari con una pozione velenosa

La magia dello Stradivari con una pozione velenosa
di Mariagiovanna Capone
Giovedì 2 Settembre 2021, 08:22 - Ultimo agg. 17:35
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La precisione del liutaio e i legni pregiati non sono l'unico motivo per cui gli Stradivari sono dei violini eccezionali: a renderli davvero unici è un trattamento chimico. A dirlo è un nutrito team di ricercatori capeggiati dalla National Taiwan University che ha individuato nel mix composto da borace, zinco, rame, allume mescolati ad acqua di calce, il segreto del suono degli Stradivari e di altri violini famosi costruiti tra il diciassettesimo e il diciottesimo secolo. Lo studio, pubblicato sulla rivista Angewandte Chemie, riporta la ricetta della speciale miscela di sostanze chimiche, trovate non soltanto in superficie ma anche all'interno del legno. Un dettaglio che dimostra come il violino venisse molto probabilmente immerso in questo mix di prodotti prima di essere lavorato.

LO STUDIO
«Abbiamo studiato le proprietà del materiale delle tavole armoniche di violini realizzati da liutati cremonesi utilizzando una vasta gamma di tecniche spettroscopiche, microscopiche e chimiche. Abbiamo trovato tipi simili di abete rosso nelle tastiere come in strumenti moderni, ma sugli Stradivari abbiamo trovato composti innaturali e modelli di ossidazione che suggeriscono una manipolazione artificiale» spiega il biochimico Joseph Nagyvary dell'Università del Texas A & M coinvolto nello studio e che per primo ha sostenuto che la qualità dei violini Stradivari - e quelli di alcuni altri liutati della stessa scuola cremonese avevano un'origine chimica. «Tutta la mia ricerca da molti anni è stata basata sul presupposto che il legno dei grandi maestri avesse subito un trattamento chimico aggressivo per combattere un problema piuttosto comune in quel periodo ossia un tarlo che attaccava il legno. Senza volerlo, quella cura ha avuto un ruolo fondamentale nel creare il suono straordinario dei violini dell'epoca». Il trattamento chimico, infatti, è stato utilizzato anche da un altro produttore di violini del tempo, Giuseppe Guarneri, il cui lavoro è oggi considerato uguale a quello di Antonio Stradivari.

LA RICETTA SEGRETA
Una delle sostanze chimiche usate, la borace, ha una lunga storia come conservante: gli antichi egizi lo usavano per i processi di mummificazione e in seguito anche come insetticida.

E proprio per questo valore che i liutai si rivolgevano ai farmacisti dell'epoca per avere questa sostanza ed evitare che i tarli divorassero il legno. «Sia Stradivari che Guarneri hanno dovuto trattare i loro violini per evitare che fossero rovinati, perché le infestazioni erano piuttosto diffuse in quel periodo» precisa il biochimico. Il segreto dei famosi violini sono quindi frutto della chimica, che ha aggiunto alla qualità del legno e all'arte dei maestri liutai cremonesi un tono particolarmente melodioso. «Hanno sicuramente influito sui toni unici dei violini continua Nagyvary - spiegando perché il suono di questi strumenti non è stato eguagliato in 220 anni». Questo nuovo studio evidenzia che Stradivari e Guarneri avevano una loro ricetta per impregnare il legno. «È probabile che si fossero resi conto che i sali speciali che hanno usato conferissero benefici in termini di forza meccanica (tipo rendere più elastici o più rigidi i legni) e acustici. Questi metodi sono stati tenuti segreti, non c'erano brevetti in quei tempi e da un'indagine visiva era impossibile anche solo pensare che fossero impregnati di questa miscela chimica. Al contrario, la vernice utilizzata per rivestire il violino non sarebbe stata significativa nel determinare il tono dello strumento, e quindi la ricetta non sarebbe stata tenuta come un segreto ma diffusa».

I violini costruiti da Antonio Stradivari e dalla sua famiglia durante il XVII e il XVIII secolo sono considerati alcuni dei migliori strumenti acustici mai realizzati. È stato stimato che abbiano realizzato 1.116 strumenti, di cui 960 violini, con appena 500 ancora esistenti ai giorni nostri. Nel 2003, alcuni ricercatori statunitensi affermarono che la ridotta attività solare nel XVII secolo poteva essere la ragione del suono degli Stradivari: inverni ed estati più freddi avrebbero rallentato la crescita dell'abete rosso, quindi legno più denso con proprietà acustiche superiori.
 

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