Sanremo 2024, un Festival da playlist: la pagella di Federico Vacalebre

«I miei festival non sono politicamente schierati, né a destra, né a sinistra»

Il taglio del nastro di Rosario Fiorello e Amadeus
Il taglio del nastro di Rosario Fiorello e Amadeus
Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Martedì 6 Febbraio 2024, 07:00 - Ultimo agg. 18:01
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Rien ne va plus. Sanremo 2024 comincia stasera: per quanto voi vi crediate assolti, siete lo stesso coinvolti. Per una settimana non si parlerà (quasi) di altro, tra fan e detrattori, apocalittici e integrati, canzonettari leggerotti ed intellettali con la puzza sotto il naso. Alla prova dal vivo, con orchestra e performance le canzoni - trenta, davvero troppe - meritano voti generalmente più alti, anche se a Sanremo per non dare troppe insufficienze le pagelle sono sempre un po' più buoniste del solito: questioni di voci (Alessandra Amoroso, Annalisa, Emma, Diodato, Il Volo), di performance (Mr. Rain porta sul palco due altalene, non potendo bissare il coro di bambini-angeli con una sola ala), di sex appeal (Annalisa, Rose Villain), conta anche quello. Ma la qualità media rimane poco esaltante e per la gran parte standardizzata, con cassa dritta, destinata al consumo distratto di social e radio: a proposito, quest'anno la giuria delle radio pesa per il 33% sul verdetto, quanto quella della stampa, il resto è appannaggio del televoto. Con il probabile risultato di un'influenza importante sulla cinquina che si giocherà la vittoria sabato sera.

Il gruppetto dei migliori rimane, però, quello del primo ascolto: Geolier (ieri sul green carper con la tuta del Napoli calcio), lucido con l'electro-rap di «I p'me, tu p'te» che non disdegna anche di utilizzare trovate neomelodiche; Angelina Mango che ha scritto con Madame e Dardust «La noia», una insinuante cumbia servita con freschezza vocale e di personaggio; The Kolors con il tormentone italodisco di «Un ragazzo una ragazza» che già da domani sarà sulla bocca di tutti; Fiorella Mannoia con la classe del suo inno femminista e sudamericano («Mariposa»); i Negramaro con «Ricominciamo tutto», ballatona che cita Battisti e guarda a Coldplay e Radiohead; Loredana Bertè, accolta con una standing ovation alle prove di «Pazza».

Con trenta canzoni trenta in gara rimane tempo per ben poco altro: Marco Mengoni, vincitore lo scorso anno con «Due vite», sarà il coconduttore della serata. Sul fronte ospiti, sul palco di piazza Colombo si esibirà Lazza, mentre in collegamento dalla nave Costa Smeralda ancorata al largo di Sanremo ci sarà Tedua. Edoardo Leo lancerà la fiction «Il clandestino».

Per il resto nella terra dei cachi tutto va come sempre: la politica vorrebbe metterci lo zampino, buttarla in cagnara, ma Ama fa muro e rivendica la piena autonomia delle scelte, nega pressioni dalla Rai meloniana per una svolta identitaria destrorsa: «Ho incontrato Roberto Sergio appena è diventato amministratore delegato e mi ha detto: puoi continuare a fare il festival liberamente come hai fatto negli ultimi 4 anni. Non mi ha mai fatto una telefonata per chiedere chi ci sarà, chi non ci sarà, mi ha dato assoluta libertà. Peraltro non ho mai cercato cose sensazionali a tavolino». Così, per esempio, domani sera nel collegamento in piazza Colombo ci sarà il reprobo Rosa Chemical, «ma mi ha giurato che non bacerà nessuno».

Dopo l'allarme bomba anonimo di ieri sera, che ha fatto evacuare Villa Nobel (dov'è morto l'Alfred del premio omonimo) durante una festa delle radio Mediaset a cui hanno partecipato diversi artisti (27 su 30, mancavano Bertè, Amoroso e Diodato), potrebbe arrivare anche la protesta dei trattori: «La trovo assolutamente giusta, sacrosanta», dice il direttore artistico-conduttore, «se vengono li faccio salire sul palco». «Un nostro rappresentante sarà all'Ariston», fa sapere Danilo Calvani, leader del Comitato degli agricoltori traditi.

La Rai nega qualsiasi contatto ufficiale. Al Bano, abituato a dichiarazioni colorate, si propone come testimonial della protesta, supportata anche, dal fronte della gara, da Renga e Nek, soprattutto il secondo: «Ho una terra in campagna, me ne occupo, ho parlato con i contadini che la curano. Il bubbone è scoppiato. Le istituzioni se ne accorgeranno e alla fine daranno appena un contentino».

L'Amatissimo è pronto per il suo quinto debutto, qui tutti vorrebbero fargli dire che accetterà anche il sesto mandato, ma lui si protegge: «Basta così, sono innamorato di Sanremo, ma tutto deve terminare. Sono lusingato dell'affetto della Rai e del pubblico, ma credo che cinque anni siano sufficienti per chiudere, mi auguro, con una festa bellissima». Dalla sua ha quattro edizioni da boom d'ascolto, la complicità dell'intera industria discografica a cui ha regalato successi ed un rinnovamento generazionale importante. La soddisfazione di Viale Mazzini è sottolineata anche da Rai Pubblicità che si prepara a superare (ampiamente) il record di 50 milioni di raccolta del 2023.

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«I miei festival non sono politicamente schierati, né a destra, né a sinistra, non a caso in passato sono stato attaccato sia da destra che da sinistra: più libero di così, non si può», ribadisce il Deus ex machina della terra dei cachi, e dopo «il regalo agli italiani fatto lo scorso anno dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella non ci saranno presenze istituzionali, né monologhi, ma avranno spazio testimonianze personali: stasera la mamma di Giogiò, domani Giovanni Allevi come testimonial della sua lotta contro un mieloma multiplo, giovedì Stefano Massini e Paolo Jannacci proporranno “L'uomo nel lampo”, un brano inedito di denuncia sociale, una canzone bellissima che parla di morti sul lavoro».

Il più tranquillo è Fiorello, che andrà in onda dal glass montato fuori all'Ariston a notte fonda, «quasi all'alba come sempre. Il problema sarà non addormentarsi, approfitterò dei blocchi pubblicitari». Comunque vada, lui il Festival lo ha già vinto: «C'è un gobbo gigantesco, sempre più grande, forse perché invecchiamo, sabato mi divertirò a fare il bravo presentatore, non più il sabotatore, voglio fare gli annunci delle canzoni in concorso senza pigliare papere». 

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