La stoccata vincente, la rivincita di Elena Funari: «Diventata attrice dopo un incidente»

«Ho scoperto a 20 anni che è bello sentire il palco, nonostante l'ansia e il disagio»

Elena Funari
Elena Funari
di Alessandra Farro
Domenica 24 Settembre 2023, 08:45 - Ultimo agg. 10:07
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La storia di Paolo Pizzo, due volte campione del mondo di spada, è diventata un film tv, “La stoccata vincente” di Nicola Campiotti, ispirato dall'omonimo romanzo di Marco Videtta, scritto dallo stesso autore con la consulenza di Maurizio Nicita e del protagonista della storia. Il siciliano Pizzo (nel ruolo il quarantenne palermitano Alessio Vassallo) da bambino ha combattuto contro un tumore al cervello con il supporto della famiglia, soprattutto del padre, suo primo insegnante di scherma. Da adulto si riscatta da quell'infanzia perduta attraverso lo sport con tenacia e determinazione, ambizione e coraggio, lo stesso coraggio che lo aiuta a conoscere l'amore, quello della pentatleta Lavinia Bonessio, nel ruolo la casertana classe 1995 Elena Funari (era Francesca nella fiction di Canale 5 «Buongiorno, mamma!»). Nel cast anche Flavio Insinna che interpreta il padre Piero, il padre di Paolo. Il film, prodotto da Anele in collaborazione con Rai Fiction, andrà in onda stasera su Raiuno in prima serata.

Funari, Lavinia in questo film rappresenta la parte più dolce del racconto, l'amore?
«In generale, si tratta di una storia vera, quindi a prescindere dal ruolo interpretato sentivo di avere una grande responsabilità nei confronti del lavoro finale.

Eravamo lì per raccontare la vita di una persona, che io seguivo principalmente attraverso la linea romantica. La storia d'amore tra Lavinia e Paolo è la parte più personale ed intima del racconto. Delicata, bella, fragile, ma su cui incombeva un grande senso di responsabilità. Ho avuto la possibilità di costruire nel dettaglio il mio personaggio, fino a cucirmelo addosso: avevo a disposizione un libro e una sceneggiatura ben dettagliati. Il lavoro era costruito sulle testimoniane reali dei protagonisti della storia e delle persone che ruotano intorno a loro. Per saperne ancora di più, ho chiesto allo stesso Paolo: Com'è Lavinia? Come vi siete conosciuti? Cosa hai provato? Come hai capito di amarla tanto? Lui mi ha spiegato che lei gli è stata sempre accanto, nei momenti felici e in quelli bui, di crisi».

Com'è Lavinia? Le assomiglia?
«Lavinia è una donna che ama con fermezza e molta attenzione, in questo ho trovato dei punti in comune con lei. Anche io mi dedico totalmente alla persona amata, ma lei è molto più ferma, più stoica di me. Per questo ho dovuto fare uno sforzo maggiore. Quando il personaggio non ti somiglia devi trovare il modo di capirlo senza giudicarlo. Io mi sono messa nella condizione di capire Lavinia, magari se mi fossi trovata io a vivere alcune sue situazioni mi sarei allontanata dall'altro molto più facilmente, mentre in altre occasioni sarei stata più accogliente di lei».

Una storia anche di rivalsa nei confronti della vita stessa?
«Si tratta, prima di tutto, di una storia di riscatto personale di un uomo che da bambino ha sofferto, ma non si è lasciato abbattere e anzi ci ha provato ancora di più, ancora e ancora. Mi sento molto vicina a questa sensazione, ho avuto un brutto incidente con la macchina il giorno della mia laurea in illustrazione allo Ied di Roma. Sono dovuta tornare a Caserta per un anno. Quel tempo mi è servito per pormi delle domande riguardo al mio futuro. Voglio davvero disegnare? Voglio fare questo nella vita? Ho realizzato di avere ancora il tempo di scegliere. Mi dicevo di pensare a me stessa, sgravandomi dal peso del futuro, avendo anche il coraggio di buttarmi un po'. La passione per la recitazione l'ho scoperta così».

Quindi lei recita da poco?
«Prima dell'incidente, non avevo mai pensato, provato o preso sul serio la recitazione. Non avevo ancora chiaro in cosa volessi impegnarmi. Non avevo mai recitato prima, non avevo seguito alcun corso di teatro, neanche a scuola, dove ero molto timida e riservata. Avere i riflettori puntati su di me mi spaventava, non pensavo di poter essere in grado di riuscire in una cosa del genere. Invece, poi, superati già i 20 anni, ho scoperto che è bello sentire il palco, nonostante l'ansia e il disagio, che oggi sono diventate sensazioni terapeutiche per me». 

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