Universiadi, dall'argento di Mattiello
ai trionfi della Pellegrini

Mimmo Mattiello
Mimmo Mattiello
di Diego Scarpitti
Martedì 2 Luglio 2019, 08:43
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«Spero che l’Universiade 2019 a Napoli sia per ogni atleta motivo di vanto nel rappresentare il proprio Paese e che ad ognuno di loro lasci un meraviglioso ricordo, da portare dentro per il futuro». Rivolge il suo personale in bocca al lupo ai ragazzi campani del Settebello, i napoletani Massimo Di Martire e Umberto Esposito, e la coppia di salernitani composta da Eduardo Campopiano e Mario Del Basso, e alle pallanuotiste del Setterosa, Sara Centanni, Carolina Ioannou e Loredana Sparano. Affiorano i ricordi di Domenico Mattiello alla vigilia di Italia – Giappone (ore 19.30) allo Stadio del Nuoto di Caserta. Esperienza indimenticabile vissuta dal difensore napoletano alle Universiadi di Bangkok 2007, coronate con la medaglia d’argento. In finale la spuntò il Montenegro.
 
 


«Dei Giochi universitari disputati in Thailandia ricordo praticamente quasi tutto, a partire dai miei compagni al tandem di allenatori, Mino Cacace e Mino Marsili, due tecnici che, a modo loro, si completavano a vicenda: il primo molto calmo e l’altro un mix esplosivo, entrambi ci trasmettevano sempre tanta carica e orgoglio nazionale, ogni volta che scendevano in acqua per le gare». Mattiello indossava la calottina rossoverde. «All’epoca giocavo con il Posillipo, la società in cui sono nato e cresciuto, e con me all’Universiade ritrovai con piacere il mio amico di tante battaglie, Valentino Gallo, con il quale condividevo anche la camera: dopo quell’esperienza il possente mancino ha vinto il titolo mondiale a Shanghai nel 2011, la medaglia d’argento ai Giochi di Londra 2012 e il bronzo a Rio 2016, e Tommaso Negri». Non pochi gli aneddoti da raccontare. «Ricordo con piacere le partite a scopone con Marsili, al quale non piaceva perdere e molte volte usava trucchetti e sotterfugi per vincere, ma alla fine finiva sempre a sfotto’».

E poi il clima di festa percepito. «Mi è rimasta particolarmente impressa nella mente l’atmosfera del grande villaggio universitario in cui risiedevamo: c’erano centinaia di nazioni e migliaia di atleti, che provenivano da ogni parte del mondo. Era bello anche solo il fatto di esserci e stare lì tutti insieme e condividere quelle straordinarie sensazioni. Ogni sera, dopo aver cenato, ci riunivamo nella piazza principale del villaggio, dove si ascoltava musica e si poteva trascorrere qualche momento di relax». Non sono mancati, però, disagi e criticità. «Ricordo l’umidità fastidiosa, che c’era ad agosto a Bangkok: da togliere il respiro.  Nonostante quell’ostacolo, si usciva e andavamo a visitare la città e i suoi posti più caratteristici, tra cui il Thai-boxing Stadium, sport nazionale che gli atleti praticavano quasi come una forma religiosa». Tutti a tifare Italia. «Nell’edificio riservato agli italiani c’era sempre qualcuno che ti sosteneva, anche se gareggiava in un’altra disciplina. Si avvertiva molto il senso di appartenenza alla nostra Nazione: piacevole, dopo le gare, condividere sensazioni, gioie e delusioni».

Dall’Universiade di Bangkok è emerso l’astro nascente del nuoto italiano. «Una bionda ragazzina italiana, di cui allora pochi conoscevano il suo nome. Nuotava forte e vinse due medaglie d’oro (nei 200 e 400 stile libero), argento negli 800 metri sl, bronzo nella staffetta 4x200 sl. Nacque una stella, che da lì a poco sarebbe diventata la regina del nuoto mondiale, la mitica Federica Pellegrini, alla quale un gruppo dei nostri non risparmiò il solito gavettone, considerato rito per gli atleti che vincevano una medaglia». Mattiello conta di assistere alle semifinali e finali nella rinnovata piscina Scandone. Vorrà dire, quindi, che il Settebello di Alberto Angelini avrà raggiunto il suo scopo. All’ombra del Vesuvio tutto è possibile.
 
 
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