Arabia, il manager finanziario avverte: «L'Europa fermi gli sceicchi»

«Questo flusso di denaro non va a migliorare la situazione delle società europee»

La presentazione di Karim Benzema con l'Al Ittihad
La presentazione di Karim Benzema con l'Al Ittihad
Francesco De Lucadi Francesco De Luca
Lunedì 3 Luglio 2023, 11:00 - Ultimo agg. 4 Luglio, 08:00
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«Questo non è soltanto un caso calcistico: dovrebbe intervenire l'Unione europea». Alessandro Giudice, manager finanziario esperto nel business calcistico, mostra preoccupazione per i tanti celebri giocatori - dal Pallone d'oro Benzema a Koulibaly - ingaggiati dai club dell'Arabia Saudita.

Perché dovrebbe muoversi la Ue?
«Perché la questione non riguarda soltanto la Fifa, la Uefa, le federazioni nazionali, le leghe. È necessario guardare con attenzione a questo fenomeno proprio da parte di chi, come la Ue, ha costruito la cultura del rispetto del consumatore e dell'Antitrust. Questo flusso di denaro non va a migliorare la situazione delle società europee».

Spieghiamo il meccanismo.
«Dall'Arabia Saudita non fanno offerte stratosferiche ai club, anzi sono in linea con il mercato.

Però arricchiscono notevolmente i calciatori: tanti soldi nelle tasche di poche persone. Tutto è cominciato con Cristiano Ronaldo nello scorso gennaio ed è proseguito in queste settimane, con l'arrivo di Benzema all'Al-Ittihad e di Koulibaly all'Al-Ahli, contratti da 100 e 30 milioni a stagione rispettivamente. Così il mercato diventa chiaramente drogato ed ecco perché è opportuno un intervento politico. Mi sorprende che quei governi che si mossero subito quando venne fuori la storia della Superlega, che era comunque un movimento interno portato avanti dai club più potenti dei campionati più importanti, stiano a guardare, almeno in questa fase».

Perché l'Arabia Saudita sta facendo questi forti investimenti non avendo una storia nel calcio?
«È lo sviluppo del piano Vision 2030. I maggiori Paesi produttori di petrolio diversificano per non essere più dipendenti in prospettiva dalle estrazioni. Dunque, ecco il progetto che prevede investimenti faraonici per creare un sistema economico che in Arabia Saudita non c'era. E c'è ampio spazio per lo sport. Nel golf, ad esempio, c'è stata la fusione tra il circuito mondiale e l'associazione dell'Arabia Saudita. Nel calcio non è stato più sufficiente investire in club esteri, come è accaduto ad esempio a Newcastle, ma il Pif - il Public Investment Found che ha un capitale di 600 miliardi di dollari - si è mosso per arricchire il campionato nazionale con figure di prestigio, a cominciare da Cristiano Ronaldo. Questa offensiva al calcio europeo mira a far crescere il movimento dal punto di vista tecnico ed economico. Dopo l'arrivo di CR7 l'Al Nassr è arrivato a 15 milioni di follower e i diritti televisivi sono stati venduti a 39 Paesi: chi lo avrebbe mai immaginato?».

E c'è l'idea del Mondiale 2030.
«Per sostenere la propria candidatura - almeno secondo quanto ha riferito il portale politico.com - l'Arabia Saudita si sarebbe impegnata con altri due Paesi possibili partner, Grecia ed Egitto, a costruire nei loro territori stadi e infrastrutture. Il tema è delicato: la comunità internazionale tiene l'Arabia Saudita sotto osservazione accusandola di violare i diritti umani. Un altro modo per acquisire maggiore spazio nel calcio è l'organizzazione della Supercoppa italiana a gennaio».

È un fenomeno destinato a crescere o scomparirà nel giro di qualche anno, come accadde in Cina?
«È una situazione diversa rispetto alla Cina perché qui non vi sarà un governo che fisserà limiti agli investimenti su calciatori, allenatori, strutture. Questi capitali derivano dallo sfruttamento del petrolio: non è un'economia di mercato, ma forza del denaro, oserei dire, fine a se stessa. E così si alterano i valori. Il calcio del Vecchio continente ha impiegato cento anni per raggiungere un equilibrio, qui c'è una situazione anomala, con un confronto sugli stipendi assolutamente impari. La Fifa non ha fissato dei paletti: un club dell'Arabia Saudita irrompe sul mercato e prende ciò che vuole. Non può esservi così alcuna concorrenza ed ecco perché è necessario un intervento, anche tempestivo, dell'istituzione politica». 

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