Acerbi e Juan Jesus, sentenza in una settimana

Oggi l'interrogatorio dei due calciatori alla Procura federale

Juan Jesus in campo alla ripresa degli allenamenti
Juan Jesus in campo alla ripresa degli allenamenti
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Venerdì 22 Marzo 2024, 07:00 - Ultimo agg. 23 Marzo, 10:05
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Bisognava saperlo prendere, sapergli parlare, saperlo blandire. Non bisognava sminuire la gravità del fatto, minimizzare, farlo passare per uno che racconta frottole. O, peggio, che non capisce. Juan Jesus non intende perdonare Acerbi. È tornato a Castel Volturno per la ripresa degli allenamenti e non ha nascosto il fastidio per questa vicenda. Sì, il brasiliano è incavolato. E lo capiranno anche quelli della procura federale che si accingono ad ascoltare il suo racconto. È infastidito dal modo con cui si affronta il problema del razzismo in Italia, per quel modo di considerare di poco conto l'insulto che dice di aver ricevuto in Inter-Napoli, non gli va giù che qualcuno possa credere che chiamare «negro» un'altra persona non possa essere considerato come un'offesa razzista. Il difensore del Napoli arriva al centro tecnico da solo e va via da solo. Per lui, ora, è una questione di sensibilità sul tema del razzismo che non ha riscontrato nel dibattito di questi giorni. E che lo ha ferito. Ed è colpito pure da certi silenzi. Non quelli del Napoli, sia chiaro. Che si è messo a disposizione, ha offerto il supporto, ripetutamente. Che lui non ha voluto. E allora il club ha trovato un modo per fargli sentire la sua solidarietà: anche ieri è stato messo sui social un video con lo slogan: «Abbracciamo l'uguaglianza, contro il razzismo tutti gli occhi contano».

Il caso

Voleva chiuderla al 90’. Ma il modo con cui Francesco Acerbi ha reagito, quel suo pentimento che poi è apparso agli occhi del brasiliano fasullo, il racconto fatto al ct Spalletti, lo hanno fatto partire a razzo.

No, non si fermerà, Jesus. Si è mosso con i piedi di piombo anche per rispetto al club di appartenenza di Acerbi, l'Inter. Di cui è stato anche capitano e che per primo lo ha voluto in Italia. Cambiandogli la vita e a cui è ancora legato. Non voleva essere reticente, non era una questione di omertà: ma solo una forma di rispetto per l'Inter e per i suoi tifosi. Ora, però, non può e non vuol far passare in silenzio la vicenda: lo fa anche per i suoi tre figli. Verrà ascoltato e poi lo stesso faranno Chiné e i suoi collaboratori in queste ore con Acerbi. Subito dopo i verbali delle audizioni verranno inoltrati al giudice sportivo che emetterà sentenza a tempo di record. Probabilmente già prima della ripresa del campionato. 

Il muro contro muro

Acerbi giurerà di non aver detto nulla di razzista, di essere stato frainteso, che lui non può aver detto «negro» perché non è un razzista. Dirà a chi lo interrogherà che nel caos di quei momenti, non è stato capito e che Jesus non ha compreso la frase che ha pronunciato. L'Inter gli crede, è con lui: Acerbi sente la società vicina. Ma Inter e Napoli hanno deciso di starsene da parte in questa faccenda. Nel senso che non hanno loro legali o loro dirigenti che affiancano i calciatori. I due sono assistiti dai rispettivi procuratori: uno è Federico Pastorello, l'altro è Roberto Calenda. E Jesus cosa dirà? Non farà marcia indietro. Ha anche atteso che potesse arrivare una telefonata di Acerbi in questi giorni, cosa che non è avvenuta. Neppure un messaggio, anche perché adesso non è una situazione semplice: il difensore dell'Inter si gioca un pezzo importante della sua carriera. Perché c'è in ballo la squalifica di 10 giornate ma in caso di stop è complicato poter pensare che Spalletti lo possa convocare per gli Europe. C'erano Mauro Meluso, il direttore sportivo, e i pochi superstiti della diaspora delle nazionali a Castel Volturno. Calzona ha deciso di lasciare in santa pace Jesus: sa che in questo momento è in una tempesta emotiva e da qui la scelta di non telefonargli. Parlerà con lui al ritorno mercoledì pomeriggio. 

La giornata 

Oggi, dunque, Chiné concluderà le sue audizioni. Forse ascolterà anche l'arbitro Federico La Penna, oltre agli arbitri al Var. E non solo, non è escluso che possa essere chiamato anche Dimarco. Comunque, registrate le audizioni, gli atti verranno inviati al giudice sportivo Mastrandrea. Un caso di razzismo proprio in occasione della Giornata Internazionale per l'eliminazione della discriminazione razziale. Ovvio che la Figc scenda nuovamente in campo con la campagna #UnitiDagliStessiColori con lo slogan: «La nostra pelle ha diverse gradazioni, ma gli stessi colori in comune». Non devono sfuggire le parole di Marcus Thuram, il figlio di uno dei simboli calcistici della lotta al razzismo, compagno di squadra di Acerbi. «Il giocatore in casi come questi deve restare al club per dire ciò che è successo. Sono d'accordo con Maignan, dobbiamo uscire dal campo. Dobbiamo battere i pugni sul tavolo per far capire che questo è inaccettabile». 

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