Napoli campione d'Italia, intervista ad Andres Fassi: «ADL modello mondiale»

L'intervista al manager argentino del gruppo messicano Pachuca

Andres Fassi
Andres Fassi
Francesco De Lucadi Francesco De Luca
Sabato 27 Maggio 2023, 08:12 - Ultimo agg. 28 Maggio, 10:20
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«Un modello per il calcio mondiale». Ecco cosa è il Napoli secondo Andres Fassi, manager argentino che fa parte del gruppo messicano Pachuca. Socio di Carlos Slim Helù, che è il nono uomo più ricco al mondo (patrimonio di 86,5 miliardi di dollari secondo Forbes) e ha una passione smisurata per il calcio. Fassi è da diciotto anni il presidente dal Talleres di Cordoba e dirigente delle altre due squadre di proprietà in Messico e Stati Uniti. «E stiamo perfezionando l'acquisto di un club in Spagna», sottolinea Fassi, che segue la serie A e non esclude che il gruppo Pachuca possa interessarsi a un club italiano. «È nostra intenzione espanderci. Stiamo per definire un accordo in Spagna e guardiamo anche a Italia, Portogallo e Belgio».

Vincere nel rispetto dei conti: lo scudetto del Napoli cosa dimostra?
«Questo è il modello di gestione da seguire.

L'impostazione di De Laurentiis è corretta: non si può spendere più di quanto si incassa, il principio vale per qualsiasi club e qualsiasi Paese. Il Napoli ha abbassato gli stipendi, ha puntato su giocatori giovani e ha vinto il campionato. Il migliore risultato possibile dietro al quale c'è tanto lavoro perché l'esperienza mi dice che nulla arriva per caso».

Cosa altro l'ha colpita della stagione azzurra?
«Nella struttura del Napoli sono emerse le capacità dello scouting, cioè la conoscenza dei calciatori stranieri che è fondamentale per raggiungere un obiettivo così importante come lo scudetto. Il Talleres è un po' sulla linea del Napoli. La nostra è la squadra con la media età più bassa nel calcio argentino e una di quelle che ha effettuato più cessioni negli ultimi cinque anni. Teniamo basso il monte ingaggi e riusciamo a piazzarci sempre tra le prime. Al di là degli aspetti tecnici e finanziari, un argentino non può che provare affetto per Napoli, dove Maradona ha vinto ed è ancora amatissimo. E poi c'è Lozano».

Lei è stato suo dirigente.
«Sì, al Pachuca. E fui io a cederlo sei anni fa agli olandesi del Psv Eindhoven. Dopo due stagioni sarebbe stato rivenduto al Napoli. El Chucky è un ragazzo d'oro, uno dei migliori attaccanti al mondo, per me un figlio sportivo: sono felice che sia diventato campione d'Italia, dando un contributo importante in molte occasioni. Nel 2017 non avevo dubbi che avrebbe fatto benissimo in Europa».

Il suo gruppo si appresta a sbarcare in Spagna: cambia la filosofia passando dal Centro-Sud America al Vecchio continente?
«Al di là degli aspetti gestionali, la differenza è nel lavoro di base. Nei centri di formazione europei, infatti, c'è un'attenzione all'aspetto fisico superiore rispetto ai nostri Paesi. I sudamericani hanno però capacità intuitive e qualità tecniche che consentono a questi ragazzi di fare la differenza quando arrivano in Europa. Ecco, se c'è un aspetto su cui i calciatori sudamericani devono migliorare è la disciplina sul lavoro». 

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