«Un modello per il calcio mondiale». Ecco cosa è il Napoli secondo Andres Fassi, manager argentino che fa parte del gruppo messicano Pachuca. Socio di Carlos Slim Helù, che è il nono uomo più ricco al mondo (patrimonio di 86,5 miliardi di dollari secondo Forbes) e ha una passione smisurata per il calcio. Fassi è da diciotto anni il presidente dal Talleres di Cordoba e dirigente delle altre due squadre di proprietà in Messico e Stati Uniti. «E stiamo perfezionando l'acquisto di un club in Spagna», sottolinea Fassi, che segue la serie A e non esclude che il gruppo Pachuca possa interessarsi a un club italiano. «È nostra intenzione espanderci. Stiamo per definire un accordo in Spagna e guardiamo anche a Italia, Portogallo e Belgio».
Vincere nel rispetto dei conti: lo scudetto del Napoli cosa dimostra?
«Questo è il modello di gestione da seguire.
Cosa altro l'ha colpita della stagione azzurra?
«Nella struttura del Napoli sono emerse le capacità dello scouting, cioè la conoscenza dei calciatori stranieri che è fondamentale per raggiungere un obiettivo così importante come lo scudetto. Il Talleres è un po' sulla linea del Napoli. La nostra è la squadra con la media età più bassa nel calcio argentino e una di quelle che ha effettuato più cessioni negli ultimi cinque anni. Teniamo basso il monte ingaggi e riusciamo a piazzarci sempre tra le prime. Al di là degli aspetti tecnici e finanziari, un argentino non può che provare affetto per Napoli, dove Maradona ha vinto ed è ancora amatissimo. E poi c'è Lozano».
Lei è stato suo dirigente.
«Sì, al Pachuca. E fui io a cederlo sei anni fa agli olandesi del Psv Eindhoven. Dopo due stagioni sarebbe stato rivenduto al Napoli. El Chucky è un ragazzo d'oro, uno dei migliori attaccanti al mondo, per me un figlio sportivo: sono felice che sia diventato campione d'Italia, dando un contributo importante in molte occasioni. Nel 2017 non avevo dubbi che avrebbe fatto benissimo in Europa».
Il suo gruppo si appresta a sbarcare in Spagna: cambia la filosofia passando dal Centro-Sud America al Vecchio continente?
«Al di là degli aspetti gestionali, la differenza è nel lavoro di base. Nei centri di formazione europei, infatti, c'è un'attenzione all'aspetto fisico superiore rispetto ai nostri Paesi. I sudamericani hanno però capacità intuitive e qualità tecniche che consentono a questi ragazzi di fare la differenza quando arrivano in Europa. Ecco, se c'è un aspetto su cui i calciatori sudamericani devono migliorare è la disciplina sul lavoro».