Coppola, il maradoniano manager che condivise le follie napoletane

Dalle stagioni dei trionfi all'incubo della cocaina: la sua vita al fianco di Diego

Guillermo Coppola e Diego Maradona
Guillermo Coppola e Diego Maradona
di Marco Ciriello
Sabato 6 Aprile 2024, 09:00
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Guillermo Esteban Coppola ha molti primati, tantissime idee, un talento unico, una enorme capacità di racconto da teatrante e una grande fortuna: essere stato il manager di Maradona. Lui dice «Diego fue el gran amor de mi vida», e questo spiega i dissidi, le coperture, le invenzioni, le menzogne e soprattutto la complicità nel divertimento. Ora una parte di questa vita – che fu la tutela e il disfacimento delle vertigini maradoniane – è diventata una serie tv: “Coppola, el representante” (trasmessa da Star+). Sei puntate che partono da Napoli e arrivano alla partenza per l’Avana. Dai giorni in cui Coppola venne a sostituire il primo procuratore di Maradona e suo amico fin dalla gioventù Jorge Cysterpiler e arrivano al Pibe grasso, drogato e quasi final.

Due mondi differenti, non a caso l’arrivo di Coppola coincide con gli anni magici di Maradona, e con una Napoli selvaggia nella quale procuratore e calciatore si muovevano tra gloria, carnalità e misteri. Coppola e Maradona si innestarono con facilità tanto che misero radici inestirpabili, e mentre Diego adottò squadra e città, Guillermo si accontentò di una nonna. E anche se nella serie Diego è filmati di repertorio, racconti e un telefono che squilla continuamente per chiedere cose, tutti sanno cosa c’è dall’altra parte, a cosa sta rimediando Coppola o cosa sta per fare mentre gira per Napoli su una vespa come se fosse Gregory Peck in “Vacanze romane”. 

Juan Minujín – l’attore che lo interpreta – è molto bravo nel replicare la grande capacità affabulativa, le spacconerie, il dandismo, le conquiste, le cadute e i toni. Perché la vita di Coppola al seguito di Maradona è un pendolo che oscilla tra lusso e prigioni, vittorie e sconfitte, risate, donne, cocaina e auto di lusso e poi fughe, improvvisa povertà e vite da ricostruire. Coppola era già maradoniano prima di diventare il “representante”, perché viveva tre vite contemporaneamente: giocando a calcio nelle giovanili del Racing, studiando all’università e lavorando in banca, per poi sceglierne una quarta: inventarsi procuratore dei calciatori del Boca Juniors. Il primo fu Vicente Pernía, poi arrivò Maradona e gli chiese di lasciare gli altri 183 che aveva in scuderia, e Coppola accettò, ma prima aveva fatto in tempo a mettere gli sponsor sulle maglie delle squadre argentine. Esuberanza, inventiva e racconto. Fino a raggiungere la perfezione con Maradona: vette altissime di finzione e narrazione. Coppola diventa procuratore, amico, padre putativo, Voland, Lucignolo, vittima, complice, fratello, nemico, quello che risolve problemi, il coprotagonista della vita di Maradona, l’ombra dalla testa bianca che c’è sempre, sia per salvare Diego che per inguaiarlo, e per ogni storia ci sono tante versioni, come quelle per «la Ferrari negra», che nella serie torna diverse volte, «perché la vita è fatta di sogni da inseguire», e far cambiare idea a «don Enzo Ferrari» era uno di questi. 

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Coppola è un grande narratore orale, da racconto di Eduardo Galeano, tanto che verità e finzione si accavallano continuamente, si dilatano e accorciano, fino a confondersi. Nella serie, che rispetta più o meno le diverse versioni date da Coppola, non mancano le numerose conquiste amorose come le sfuriate, i cambi di vita e il dolore, come l’uccisione dell’amico Leopoldo “Poli” Armentano, re delle notti di Baires, con ombre anche su Coppola, poi fugate, anche se l’assassinio non ha avuto una vera risoluzione giuridica. E i 97 giorni di carcere per traffico di droga, accuse aleatorie, ribaltate per via di un giudice narciso e pasticcione. Ma il dandy Coppola scoprì il carcere duro, con Maradona a confortarlo. C’è quasi tutto, e quello che non c’è arriverà nella seconda stagione: il matrimonio di Diego e Claudia, Punta del Este e la folle corsa in ospedale e il recupero a Cuba. Anche perché Coppola sarebbe capace – al pari del miglior Osvaldo Soriano – di reggere moltissime stagioni tra Fidel Castro, Gheddafi ed Evita.

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