Politano in Nazionale per prendersi (finalmente) la maglia da titolare

Dallo scudetto napoletano alla Nazionale

Matteo Politano con Luciano Spalletti ai tempi del Napoli
Matteo Politano con Luciano Spalletti ai tempi del Napoli
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Mercoledì 6 Settembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 7 Settembre, 07:22
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Mancini lo ha sempre trattato come un precario, licenziandolo nei due momenti chiavi della sua gestione: l'Europeo e la fase finale della Nation League. Ora a 30 anni prova a riprendersi ogni cosa, forte di uno scudetto conquistato e della sua voglia matta da ragazzino scatenato. Sono due anni che Matteo Politano e Spalletti si dividono le giornate: tra alti e bassi, perché all'esterno la staffetta con Lozano ha fatto male proprio come quella tra Rivera e Mazzola, con tutto il rispetto. Umori che hanno subito spesso degli sbalzi: i due si beccarono nell'estate del 2022, quando Spalletti replicò in conferenza a Politano: «Sta facendo tutto lui...». Intervenne il manager Giuffredi per riportare la pace in ritiro in Val di Sole, mettendo a tacere anche le voci di un suo possibile addio. Poi dopo le incomprensioni, l'arcobaleno. E lo scudetto. Politano voleva continuità e infatti appena si è scrollato di dosso la rivalità con il messicano, con il Napoli sembra rinato. E ovvio che il ct non poteva non chiamarlo: lo sta provando in un tridente che vede Raspadori in mezzo (e in alternativa Immobile). Tradotto: o con la Macedonia o con l'Ucraina sarà lui il titolare. D'altronde, ha pure una bella media-gol con la Nazionale: in 10 gare giocate, Politano ha segnato tre volte. Una rete agli Stati Uniti e una doppietta a San Marino. Sia pure sempre da non protagonista, ha attraversato tutte le era recenti della vita dell'Italia: ha assaporato la gestione di Ventura, il primo a convocarlo nel 2016 e poi quella di Mancini, che gli ha regalato l'esordio nel 2018, quando aveva quasi 25 anni. Insomma, sia pure senza lasciare grosse tracce, Politano nel giro dell'Italia c'è sempre stato. Ma a Wembley no: e la cosa non l'ha mai mandata giù. A Mancini, che pure lo ha chiamato qualche volta, non ha mai chiesto spiegazioni. A un ct che fa la storia, non puoi chiedere perché non ha fatto parte del gruppo.  

L'ultima chiamata con la Nazionale è questa: lo dice la carta d'identità, lo dicono gli appuntamenti. Luciano Spalletti, che è un genio e lui lo sa, deve strappare la qualificazione a Euro24.

E questa generazione, quella di Politano, non ha altre possibilità: se fallisce, nessuno avrà poi la possibilità di rincorrere il Mondiale negli Usa e in Canada del 2026. Ma Politano vuole far parte di questo gruppo e vuole esserne uno dei pezzi pregiati. D'altronde, Spalletti lo sa che non ama essere un precario (14 volte titolare e 13 volte subentrato, nell'ultima stagione). Lucianone non vuole scontenti nel suo gruppo, non vuole mal di pancia: il nuovo ct non ha considerato l'Italia una panchina tra le tante, ma un'altra cosa: un bene pubblico preso in gestione. Come un parco, una chiesa da restaurare. Ha come stretto un legame forte con il resto del Paese. Chi gioca non rappresenta una squadra, ma un popolo. Ha voluto subito allenamenti a porte chiuse «per questione di mentalità», perché ha una gran voglia di uscire da questa crisi, da questo momento di sconforto. In fondo, Politano può dargli una mano: lui e gli altri napoletani hanno riportato il Napoli in alto partendo dalla delusione con il Verona. La rinascita è partita da lì, da quel quinto posto che sembrava la fine del mondo. E Spalletti si prese tutto sulle spalle. Come deve fare adesso. Con coraggio, progetti chiari. Politano è uno dei veterani di Spalletti: 138 partite assieme, perché i due erano assieme pure all'Inter. L'esterno del Napoli sa bene che è solo questione di tempo, ma Luciano non sarà il solito ct che gestisce, ma un educatore di gioco. E intanto nel tridente, sulla destra, lui è pronto. 

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