Napoli, la spinta del Maradona contro il Frosinone

In città manifesti contro i giocatori e De Laurentiis. De Giovanni: «Sempre presenti, ma la squadra ora sostenga il pubblico»

Supporter del Napoli
Supporter del Napoli
Eugenio Marottadi Eugenio Marotta
Sabato 13 Aprile 2024, 06:47 - Ultimo agg. 14 Aprile, 07:37
4 Minuti di Lettura

Solo per la maglia. Solo per l’identità e per quel senso di appartenenza che Napoli ha sempre avuto e che non è mai venuto meno. Neppure nel paradosso di una stagione in cui si porta lo scudetto sul petto (già scucito da tempo) e che più fallimentare non si poteva immaginare. Ancora una volta la città (e non solo) risponde presente, riempie all’inverosimile gli spalti del Maradona, fa sentire forte la sua voce e prova a trascinare la squadra verso un altro obiettivo - l’ultimo - di un anno horribilis dal punto di vista dei risultati.

L’obiettivo

C’è l’Europa da inseguire (sarebbe la quindicesima qualificazione consecutiva, cosa mai accaduta in questi anni ad un club italiano) e la torcida azzurra domani sarà presente in massa sui gradoni di Fuorigrotta. E non è certo una novità a queste latitudini. Sia in un recente passato sfavillante, fatto di vittorie e gol a grappoli. Sia nel presente caratterizzato da tante - troppe - delusioni ed amarezze per una squadra campione d’Italia (le nove sconfitte subite finora sono la fotografia della stagione). Ancora una volta, infatti, si viaggia spediti verso il sold out. Che sia la Juve, il Milan oppure il Frosinone di Eusebio di Francesco che domani si presenta al Maradona. Basti pensare che fino ad ieri sera erano stati staccati oltre 50mila biglietti (polverizzate in un batter d’occhio entrambe le curve ed anche i distinti, mancano pochi tagliandi di tribuna per il tutto esaurito) per una sfida che non è certamente di cartello. Napoli, però, ha dimostrato di tenere alla maglia, ai suoi colori, prima ancora che ai protagonisti in campo o ai traguardi raggiunti o sfumati. E lo si è visto ieri mattina quando la città si è “svegliata” tappezzata in ogni dove da volantini (a firma delle sigle congiunte di curva A e curva B) in cui gli ultras hanno puntato l’indice contro il presidente Aurelio De Laurentiis e gli stessi giocatori.

Nonostante tutto però, nonostante l’amarezza, nonostante uno scudetto cucito e scucito dal petto nel giro di un amen, Napoli non abbandona la nave. La maglia, l’identità e quel senso di appartenenza, insomma, sono radicati nelle fondamenta della città. «È la logica conseguenza dell’amore di Napoli per i suoi colori - ha commentato lo scrittore e tifoso Maurizio De Giovanni - Siamo stati quelli che hanno riempito gli spalti di Fuorigrotta con il Cittadella in terza serie e non vedo per quale motivo la tifoseria non debba essere regolarmente al suo posto domani con il Frosinone. Puntuale su quei gradoni a vedere e a sostenere la propria squadra del cuore». De Giovanni piuttosto si pone il problema opposto. «Il problema è se la squadra sostiene i propri tifosi. Se la squadra si fa carico dell’orgoglio e della rappresentatività della maglia che indossa. Le ultime due gare con Atalanta e Monza sono dimostrazioni dello stesso concetto. Con l’Atalanta è stato evidente che i calciatori abbiano rinunciato al gioco: il Napoli insomma in campo non si è neppure presentato ed è stato un segnale di resa assoluta. Ed anche a Monza, fino all’intervallo, il leit motiv era praticamente sembrato lo stesso. Nella ripresa è successo qualcosa, probabilmente Calzona si è fatto sentire ed ha usato un altro metro, e si è visto chiaramente che il Napoli è in grado di fare il Napoli».

La chiosa dello scrittore è a dir poco eloquente. «Sono curiosissimo di vedere quale squadra scenderà in campo domani al Maradona contro il Frosinone. Se quella vista con l’Atalanta o quella della ripresa di Monza. L’obiettivo? Credo che l’Europa League possa essere alla portata degli azzurri senza grossi problemi. E sarebbe anche un risultato accettabile almeno per come è andata la stagione. La Conference invece sarebbe una iattura». Quando si accenna alla Champions, De Giovanni pensa soltanto ad un miracolo. «Il Bologna è distante un’era geologica, mentre Roma e Atalanta viaggiano a mille. Onestamente non ci sono grandi possibilità: se poi succede un miracolo...». Magari: Napoli ed Napoli si attrezzano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA