Casal di Principe. Il sindaco Natale: «Io e Diana rischiammo la vita contro i clan»

Casal di Principe. Il sindaco Natale: «Io e Diana rischiammo la vita contro i clan»
di Aldo Balestra
Domenica 5 Luglio 2015, 11:45
3 Minuti di Lettura
«Io non so quale sarà il risultato dell'inchiesta in cui è coinvolto Lorenzo Diana, insieme al quale ho condotto a rischio personale battaglie per la libertà e la legalità, in un territorio difficile come quello casertano dove comandava la camorra. Vederlo ora implicato mi lascia amareggiato, perplesso, incredulo».



Renato Natale parla nel sabato afoso di Casal di Principe, mentre riceve nel suo comune, e l'abbraccia, Raffaele Cantone, presidente nazionale dell'Authority Anticorruzione. È al suo fianco quando l'ex giudice riceve il premio per la legalità dal Comitato «Don Peppe Diana». Ancora una giornata importante nella Casal di Principe che vuol cambiare, scommettendo appunto su cultura e legalità. Ma parlare dell'inchiesta metanizzazione nell'Agro Aversano, arrivata nei mesi scorsi con tanto di carabinieri e ruspe anche a Casal di Principe, per verifiche sulle modalità dei lavori, è inevitabile. «Finirà che non risponderò più», confida Natale.



Perchè, sindaco Natale?

«Sono come bloccato, fermo, di fronte a quanto sta venendo fuori da due giorni. Guardi, io mi auguro che si appuri l'innocenza di Lorenzo Diana, innanzitutto perchè si tratta di una persona amica, ma anche perchè il mio interesse più forte è che così si sventerebbe il rischio di delegittimazione a prescindere di coloro che sono impegnati nella lotta per la legalità».



Sindaco, l'inchiesta ipotizza per l'ex senatore Diana un coinvolgimento significativo nella vicenda appalti per la metanizzazione. E anche in un'altra inchiesta, con un forte interesse familiare.

«Ho grande fiducia, e grande rispetto, per la magistratura, che è tra le istituzioni più salde in Italia. Se Lorenzo è estraneo, la magistratura lo dimostrerà. Me lo auguro. Ma intanto restano i rischi che fenomeni del genere possono avere all'interno dei movimenti che si muovono contro le mafie».



Lei crede all'innocenza di Diana?

«Io, di Lorenzo Diana, parlo per quello abbiamo vissuto insieme, da soli, qui nell'Agro Aversano, correndo rischi seri per le nostre persone, quando fare questo era difficile assai. E, come ho rispetto del lavoro odierno della magistratura, non dimentico il lavoro che altri giudici compivano in quegli anni di impegno, quando appurarono che la vita di Lorenzo Diana era a rischio perchè la sua azione dava fastidio alla camorra. Ecco perchè sono perplesso».



Ha sentito Diana, in queste ore?

«No, non l'ho sentito. Credo non sia il caso, sarebbe un'invadenza eccessiva in un momento in cui una persona sta vivendo un momento psicologico delicato, con la sua famiglia. Però le dico anche che se lo facessi non lo andrei certo a sbandierare».



Lei ha detto di essere preoccupato delle possibili strumentalizzazioni dell'inchiesta nei confronti del movimento dell'antimafia. Perchè?

«Sì, e glielo ribadisco. Le eventuali responsabilità di ciascuno vanno accertate. Ma intanto il rischio è che passi il pensiero nell'opinione pubblica che la sottoposizione ad un'indagine rende tutti uguali, il camorrista e chi li combatte. Diventano allora tutti uguali, da Don Luigi Ciotti all'ultimo volontario, passa la semplificazione «voi fate e dite, ma alla fine siete uguali a loro, ai camorristi». Ecco, se passa quest'idea, è il più grande regalo che possiamo fare alla criminalità organizzata».





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