Bankitalia, la relazione di Visco: la priorità al Sud resta il lavoro, decisive le misure a favore di giovani e donne

Le considerazioni finali del governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco

Il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco
Il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco
di Nando Santonastaso
Giovedì 1 Giugno 2023, 07:00 - Ultimo agg. 17:28
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«Sicuramente occorrerà accrescere la capacità di impiegare i giovani e le donne, i cui tassi di partecipazione in tutte le aree del Paese sono davvero modesti, e nel Mezzogiorno i più bassi d'Europa». Il passaggio sul Sud del Governatore di Banca d'Italia Ignazio Visco è l'unico riferimento territoriale contenuto nelle 48 pagine delle sue Considerazioni finali, dedicate alla complessità dei temi economici in ottica strettamente nazionale. Ed è anche per questo tutt'altro che trascurabile. È piuttosto la conferma della sensibilità al tema dei divari occupazionali e più in generale del lavoro che l'economista napoletano ha sempre mostrato nei dodici anni alla guida della Banca centrale. Quasi un anno fa, ad esempio, aveva presentato l'ultima ricerca dell'Istituto su questo argomento, «Il divario Nord-Sud: sviluppo economico e intervento pubblico», con approfondimenti anche in sede locale (a Napoli se ne discusse al polo universitario di San Giovanni a Teduccio).

Uno studio puntuale, di forte impatto, senza sconti nell'analisi e preoccupato dei futuri scenari del Paese e soprattutto del Mezzogiorno.

Un anno dopo la situazione è in parte migliorata, il Sud nel primo trimestre 2023 ha avuto un incremento occupazionale, ad esempio migliore di quello registrato al Nord (+1,8%, dato Istat) anche se parlare di svolta appare quanto meno prematuro. Ma le parole di ieri, le ultime da Governatore, ribadiscono che la priorità meridionale resta l'occupazione, specialmente per i giovani e le donne (non a caso dei circa 3 milioni di Neet la maggior parte vive al Sud e le donne ne sono la componente più numerosa). Mancano proprio loro all'appello in un Paese profondamente diviso su questo fronte: i dati Istat dimostrano che il tasso di occupazione nel Nord (68,1%) è di 21,5 punti superiore a quello del Mezzogiorno (46,7%) mentre il tasso di disoccupazione nelle regioni meridionali (14,3%) è quasi tre volte quello del Nord (5,1%). Ma se si parla di donne, i numeri sono ancora più impietosi: nel 2019, si legge nello studio appena citato, il ritardo dell'occupazione femminile era di ben 26 punti percentuali rispetto alla media nazionale. E la pandemia, allora, non era nemmeno all'orizzonte.

Il richiamo di Banca d'Italia a questa assoluta emergenza va letto anche in chiave denatalità, altro nervo scoperto tra le incognite che minacciano in prospettiva la stabilità del sistema economico nazionale e meridionale in particolare. Il Governatore vi fa esplicito riferimento citando le previsioni Istat in base alle quali entro il 2040 l'Italia che ha già perso 800mila persone in età da lavoro (15-64 anni) dal 2019 ad oggi, dovrebbe subire un calo fino a oltre 2,4 milioni di popolazione residente e di ben 6 milioni in età da lavoro. In questo caso non c'è il riferimento al Mezzogiorno ma basta andare agli ultimi Rapporti della Svimez per capire che una fetta importante di quella contrazione riguarderà quest'area, già segnata da vistosi fenomeni di spopolamento e dalla cosiddetta fuga dei cervelli. Il lavoro che non c'è, insomma, rischia tra pochi anni di diventare ancora più introvabile e sarà persino inutile continuare a cercare manodopera da impiegare. 

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È uno scenario da brividi al quale il governo, in attesa di chiarire come rilanciare il Pnrr, sta tentando di porre un argine incrementando le misure per incentivare l'occupazione di giovani e donne. E che questa direzione sia pressoché obbligata lo dimostra, indirettamente, il rovescio della medaglia, e cioè le potenzialità del Mezzogiorno sul piano economico emerse di recente al Forum Ambrosetti di Sorrento. Se fosse uno Stato a sé, il Sud rappresenterebbe attualmente la terza economia nel Mediterraneo allargato (che include, oltre all'Italia, 22 Paesi dell'Unione Europea, dell'Area Balcanica, del Medio Oriente e del Nord Africa), con risultati superiori rispetto alle medie di riferimento. Nel macro-settore dell'Economia del mare, ad esempio, ha «un elevato posizionamento rispetto al resto del Paese con oltre 107 mila imprese (pari al 47,9% del totale nazionale), 345mila occupati (37,5% del totale nazionale) e genera 15,6 miliardi di euro di Valore Aggiunto (pari al 30,4% del totale nazionale)». È il serbatoio di energie rinnovabili del Paese, è primo nel Mediterraneo per quota dei consumi coperti da fonti energetiche rinnovabili (31,6% del totale). E sta registrando un incremento di valore nel turismo che sul piano dell'attrattività internazionale mostra ampi margini di miglioramento. Riuscire a cucire queste certezze con il lavoro diffuso e non precario sembra oggi la sfida da vincere al Sud. Come ieri, o forse più di ieri. 

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