«Io, cieco, studio il braille per lavorare
ma il Comune non aiuta i disabili»

Giovanni Rubino
Giovanni Rubino
di Gennaro Pelliccia
Mercoledì 14 Settembre 2016, 21:04
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«Era il 17 novembre del 2012, bussai alla porta di casa e venne ad aprirmi mia madre: la vidi poi il buio. Quella è stata l’ultima volta che i miei occhi hanno visto». È il triste epilogo di una storia che vede protagonista Giovanni Rubino, un uomo di 41 anni.

Una neurite ottica retro bulbare, lo ha privato della vista quattro anni fa. Giovanni, sposato e divorziato con un figlio di 12 anni,  lavorava in un bar sotto casa «ero contento e soddisfatto del mio lavoro – dice – e riuscivo a vivere degnamente». Ma lo stato avanzato della malattia, che si porta dietro dal 1987, non gli lascia speranza di guarigione. L’enorme tegola che gli cade addosso, la cecità,  lo segna duramente, ma allo stesso tempo gli dà anche la forza per ripartire, da zero.

Dopo essersi sottoposto a visite medico legali, ottiene il riconoscimento della legge “104” che certifica la stato di grave disabilità. Parla con amici, s’informa per capire che possibilità ha un non vedente di reinserirsi nel mondo del lavoro.

«Non volevo arrendermi, dovevo inventarmi qualcosa, altrimenti la mia vita sarebbe finita – spiega. Una persona che non vede può essere impiegato come centralinista, ma la condizione necessaria è che sappia usare il sistema di letto-scrittura braille. Dovevo imparare, quindi, e frequentare un corso di studi per ottenere un diploma o una specializzazione. Mi iscrissi all’Istituto Colosimo in via Santa Teresa degli Scalzi a Napoli. Nel contempo feci domanda al comune per usufruire del servizio di trasporto per disabili messo a disposizione attraverso  Napoli Sociale. Ho frequentato due anni scolastici in semiconvitto e tutte le mattina il pulmino, con gli operatori sociali, veniva sotto casa alle 8  a prendermi per riaccompagnarmi alle 17.30 circa. Un servizio efficientissimo svolto con molto amore e grande professionalità dagli addetti della Napoli Sociale».

Purtroppo, però, a Giovanni come a tanti bambini e ragazzi disabili che utilizzavano questo servizio di trasporto, quest’anno, è stato negato l’accesso alle aule. Un messaggio chiaro ed inequivocabile, sul sito della partecipata dice: «per qualsiasi chiarimento sui nostri servizi non esitare a contattarci». Giovanni ha chiamato per chiedere spiegazioni sul mancato servizio trasporto disabili e gli hanno risposto così: «Il servizio è sospeso poiché la Napoli Sociale è in liquidazione ed i dipendenti sono in attesa del passaggio alla Napoli Servizi - ha risposto una voce alquanto imbarazzata -.  Non sappiamo quando avverrà, ma sarà nostra cura avvisare tutti gli interessati appena sarà ripristinato. Tenga presente che abbiamo anche il problema degli automezzi: sono fermi dall’inizio di agosto e prima di tornare marcianti hanno bisogno di essere messi a posto e collaudati», ha concluso. 

Intanto l’anno scolastico è iniziato e molti studenti disabili hanno dovuto rinunciare, per il momento,  al diritto allo studio. Il dato più preoccupante è che Napoli Sociale, società con 400 addetti ora in liquidazione, dovrebbe essere assorbita da Napoli Servizi. E a tutt’oggi non esiste alcun piano aziendale che dica che quei lavoratori continueranno a fare trasporto scolastico dei ragazzi disabili.
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