Renzi al Quirinale dopo Consiglio dei ministri:
dimissioni venerdì dopo ok alla manovra
«Non lascerò la guida del partito»

Renzi al Quirinale dopo Consiglio dei ministri: dimissioni venerdì dopo ok alla manovra «Non lascerò la guida del partito»
di Alessandra Chello
Lunedì 5 Dicembre 2016, 11:18 - Ultimo agg. 6 Dicembre, 11:09
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Archiviato il lunedì delle tappe forzate dopo la deblace del voto, Renzi sceglie di non restare a leccarsi le ferite. «Non lascio la bandiera delle elezioni anticipate a Grillo e agli altri. Se lo facciamo il Pd è morto, fa la fine che ha fatto dopo aver appoggiato il governo Monti» è il grido di battaglia dell'ex rottamatore. Della serie: non mollo la guida del partito. E così via di nuovo in sella.
Cronaca di un rilancio immediato. Una sorta di zampata costruita su quella detta del 40% di sì. L'ultima mano di una partita al vetriolo per giocarsi il tuitto per tutto. Strategie nate da un vertice dem a Palazzo Chigi. Intorno al tavolo lil quasi ex premier, Luca Lotti, Maria Elena Boschi, Maurizio Martina e Matteo Orfini. L'asse sinistra-renziani doc. Sono loro gli alfieri delle elezioni anticipate sulla base dei 13 milioni di italiani fedeli alla riforma. Una fetta arciconvinta del fatto che si possa andare al voto politico al massimo entro febbraio. Prove tecniche di reazione.
L'idea è più o meno questa come raccontano i bene informati. Sarebbe Renzi a portare il Paese al voto da presidente del Consiglio dimissionario. Ma il Quirinale non accetterà mai un vuoto di potere lungo due mesi. Allora, Renzi potrebbe pure non dimettersi più, rimanere in carica poche settimane per arrivare al traguardo dell'urna. Nessuna successione. No a esecutivi tecnici, men che meno un nuovo premier dem. Quanto al Pd, il segretario proporrà di trasformare il congresso in primarie per la premiership di centrosinistra, come quelle che incoronarono Romano Prodi nel 2005. Lui sarebbe in pista, ovviamente. Si vedrà.
Per il resto sì a Mattarella: le dimissioni finiscono in freezer nel nome degli impegni presi. La legge di bilancio non si tocca: va approvata alla svelta. Prima d'ogni altro strappo. Avanti tutta. 
 


 


Sullo sfondo restano anche gli scenari tipo. Primo: il rinvio del governo alle Camere per la formale verifica della sussistenza del rapporto fiduciario alla Camera e al Senato. Secondo: un governo-bis. Nomina di un nuovo esecutivo, presieduto dallo stesso presidente del Consiglio dei ministri, con eventuali modifiche della compagine ministeriale. Terzo: nomina di un nuovo presidente del Consiglio all'interno della stessa maggioranza. Quarto: governo del presidente o «di scopo» con guida affidata ad una personalità a forte identità istituzionale come presidente del Consiglio dei ministri. Quinto: governo «tecnico». Un esecutivo costituito da esperti, ma estranei alla vita politica in quanto tale. Sesto: elezioni anticipate. Il presidente della Repubblica scioglie le Camere ed indice nuove elezioni.




 

Invece, il faccia a faccia al Colle anticipa il Consiglio dei ministri, in cui Renzi formalizzerà l'intenzione di dimettersi, prima di risalire al Colle per consegnare il mandato a Mattarella. Dovrebbe slittare, invece, a quanto si apprende, la Direzione del Pd annunciata ieri sera alla luce della sconfitta del referendum. La riunione, secondo fonti Dem, non è stata convocata e dunque potrebbe essere rinviata.

Il 59,11%, al No e il 40,89% al Sì è il risultato a scrutinio avanzato è la risposta degli italiani chiamati a ieri a votare per il referendum sulla riforma costituzionale. Una bocciatura severa che ha spinto Matteo Renzi ad annunciare, in conferenza stampa da Palazzo Chigi, poco dopo la mezzanotte, le sue dimissioni da premier: «Ho perso io, giusto dimettermi». Oggi pomeriggio, dopo una riunione del Consiglio dei ministri, si recherà al Quirinale per rimettere il mandato nelle mani del presidente della Repubblica.

La mossa dopo una giornata elettorale, che  è stata caratterizzata da un'affluenza che è andata molto al di là delle previsioni, collocandosi quasi al 69% degli aventi diritto, molto al di sopra del precedente referendum costituzionale del 2006 fermatosi al 53% nonostante si sia votato per due giorni. Una partecipazione che ha gonfiato le vele del composito fronte del No - M5S, Forza Italia, Lega, FdI, Sel e una consistente parte della minoranza Dem - verso una vittoria che è andata forse al di là delle speranze dello stesso schieramento. Sull'altro fronte, praticamente isolato, il solo presidente del Consiglio Matteo Renzi, il cerchio magico dei suoi fedelisssimi e il centrodestra di Alfano.

Il dato della prevalenza del No è uniforme su quasi tutto il territorio nazionale ad eccezione di tre regioni: Trentino, Emilia Romagna e Toscana. Nella prima il Sì ha staccato nettamente l'altro schieramento con il 57,3 contro il 42,7; in Toscana, dove Renzi giocava in casa, a favore della riforma ha votato il 52,4% contro il 47,6 del No. Singolare anche il risultato dell'Emilia Romagna, dove il Sì ha staccato il No di meno di mezzo punto. Di contro il No ha registrato i risultati migliori in Sicilia, Sardegna e Campania con percentuali anche superiori al 70%. Nella regione più popolosa, la Lombardia, la distanza tra i due fronti è stata inferiore al dato nazionale: il No ha prevalso con il 55,5% e il Sì si è fermato al 44,5%. Nel Lazio aumenta il divario: No al 59,7% e Sì al 40,3. Nella Capitale il No si è attestato al 59,4%.

LE MATITE TEDESCHE
Non sono mancate nel corso della giornata le polemiche. Una su tutte: il caso delle matite. C'è chi si è presentato ai seggi con la biro - è successo a Ponzano, in provincia di Empoli - chi con la gomma da cancellare. Chi ha minacciato denunce, chi ha richiesto l'intervento della polizia. Tutto a causa delle matite copiative fornite nei seggi che in qualche caso sembravano non copiative e quindi cancellabili. Il caso ha tenuto banco per tutta la giornata elettorale, rilanciato dai social ha creato allarme, sospetti, accuse di brogli. Il Viminale è dovuto intervenire per assicurare che le matite «sono indelebili». Solito fornitore nessuna novità. Eppure in tanti hanno segnalato che al momento di sbarrare il Sì o il No sulla scheda la matita scriveva male. Il segno non si leggeva abbastanza ed era facilmente falsificabile.

Tra i tanti che hanno sollevato il caso, il cantante Piero Pelù, che già in passato aveva preso posizioni molto nette in politica, ha postato su Facebook le dichiarazioni messe a verbale dinanzi al presidente del suo seggio. L'attore Giorgio Gobbi ha presentato a Roma una denuncia ai carabinieri dopo aver verificato che il segno lasciato dalla sua matita sulla scheda non era indelebile. Il leader della Lega Matteo Salvini ha, a sua volta, invitato gli elettori a tenere gli «occhi aperti», e a «non farsi fregare». Appelli dello stesso tipo sono stati lanciati anche da Fulvio Martusciello, esponente di Forza Italia e dal senatore siciliano del M5S Mario Giarrusso. A Genova la Prefettura è stata costretta a chiarire che non risultavano «anomalie» e che le matite facevano parte di forniture distribuite di anno in anno dal ministero dell'Interno, quelle prodotte dalla ditta Luca srl negli ultimi 5 anni, che a sua volta si rifornisce dalla Faber Castelli, direttamente in Germania. Matite che a differenza degli anni passati sono all'esterno di colore blu e scrivono nero. La Prefettura di Catania è entrata nel dettaglio tecnico spiegando che «la matita copiativa può essere cancellata da un foglio bianco ma non dalla scheda» che altrimenti rischia di essere «bucata». Proteste e controlli anche a Genova, nel seggio dove ha votato Beppe Grillo. A Isernia è intervenuta la Digos e i rappresentanti di Sel si sono mobilitati per presidiare i seggi.

LA DENUNCIA
Insomma, un caso vero proprio amplificato dai socialnetwork che hanno messo in allerta gli elettori. Per la cronaca: sotto accusa è finita l'ultima fornitura, circa 130 mila matite distribuite nei seggi. Da qui l'invito ad alcune prefetture a utilizzare «anche le matite rimaste nei depositi negli anni precedenti». Tutt'altro che conclusa, la vicenda delle matite rischia di avere un risvolto giudiziario. Il Codacons ha infatti annunciato un esposto che verrà presentato oggi al ministero dell'Interno e a 140 Procure italiane. Il presidente dell'Associazione, Carlo Rienzi ha parlato di «denunce circostanziate che meritano la dovuta attenzione». La polemica è stata raccolta e rilanciata dalla forzista Daniela Santanché che ha chiesto al premier Renzi e al ministro Alfano se non avessero per caso escogitato «un altro dei loro trucchetti per taroccare la scelta degli italiani nelle urne».

I TRUCCHETTI
Una querelle tutta italiana, quella dei lapis difettati. Per fare ulteriore chiarezza è intervenuta anche la senatrice Federica Chiavaroli, sottosegretario al ministero della Giustizia: «Nessun trucchetto». Mentre la parlamentare di Ap-Ncd Paola Binetti è partita al contrattacco. «La nuova bufera - è insorta - è un'ennesima ridicola operazione di screditamento di queste votazioni. Le matite copiative di quest'anno ed eventualmente quelle avanzate negli anni precedenti, sono le stesse che da ormai 70 anni si utilizzano nelle urne e rappresentano nella loro semplicità estrema la tecnologia a più basso costo per garantire sicurezza e stabilità al voto espresso dagli italiani. Infine l'ultima polemica: il silenzio elettorale violato. Un caso che si ripete ad ogni elezione ma che l'uso disinvolto degli spot su Twitter e su Facebook ha moltiplicato. Una denuncia destinata probabilmente a cadere nel vuoto.


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IL DISCORSO DEL PREMIER





 

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