Renato Zero in concerto a giugno: «Napoli è nu piezzo ’e core. Un onore Piazza del Plebiscito»

L'artista in arrivo in primavera in città

Renato Zero in concerto a giugno
Renato Zero in concerto a giugno
Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Sabato 2 Marzo 2024, 23:30 - Ultimo agg. 3 Marzo, 17:39
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Firenze gli è cara («in qualche modo sono partito da qui, dal Palazzo dei congressi, dove nel 1973 presentai il mio primo disco, “No! Mamma no!”»). E poi qui ha appena iniziato il primo dei sei sold out al Mandela Forum (dopo il debutto di ieri sera, si replica oggi, il 5, 6, 9 e 10 marzo), ma quando gli chiedi di piazza del Plebiscito gli brillano gli occhi.

Sognavi il salotto bene della città da tempo, Renato, l’avevi confessato l’anno scorso.
«Napoli è nu piezzo ‘e core.

Io ho subito sconfitte professionali, anche personali. Ma tra le soddisfazioni più importanti incassate c’è, di sicuro, l’onore di potermi esibire il 21 giugno in piazza del Plebiscito. Frequento Napoli da sempre, ho amici, anche artisti come Peppe Barra: poter prendere possesso provvisorio del salotto della città è una gran bella soddisfazione».

Ospiti? Inviterai qualcuno? Magari Enzo Avitabile?
«Diciamo che farò una bella sorpresa ai napoletani».

«Autoritratto» è il titolo del tour, come del tuo ultimo disco, che entro l’estate ti porterà anche a Roma e Bari.
«Il palcoscenico è la mia seconda casa, ho vissuto più in scena che in studio di registrazione, agli inizi schiacciavo play e, solo come un verme, mi esibivo in discoteche enormi: il pubblico era sbigottito nel vedermi solo e sfrontato nei costumi. Da allora a casa ci sto malvolentieri, preferisco il camerino. Ripartire da qui mi fa rivedere facce e contare le assenze, mi ricorda che molti dei miei fan sono stati meno fortunati degli altri. Ho ideato una scaletta che recupera brani che hanno avuto meno vita, rispetto ad altri più fortunati. E vorrei che, almeno questa volta, la musica contasse più delle paillettes: io le ho usate, ma se sotto non ci sono le canzoni, la voce, la professionalità...».

Come sempre, per la musica hai fatto le cose in grande.
«Sì, grazie a maestri come Alterisio Paoletti, Adriano Pennino, Danilo Madonia. Abbiamo aggiunto i fiati, che mi riportano a Otis Redding ed alla sua America. E, poi, dieci coristi, Rosario Jermano alle percussioni, Giorgio Cocilovo e Fabrizio Leo alle chitarre, Lele Melotti alla batteria: la mia famiglia, un esempio per i ragazzi che vedono anziani maestri suonare con l’energia di giovinotti. A 73 anni non voglio andare in pensione, mi permetto qualche passetto di danza o di mettere in fila tre brani tiratissimi. Il mio “Autoritratto” è un tagliando una tantum. Ho suonato di tutto: dixieland, funky, rock’n’roll, non mi sono fatto mancare niente, porto sul palco il mio bagaglio con sorprese».

Sei stato provocatorio, controcorrente, divisivo, oggi sembri unire le generazioni.
«“Contagio” prevedeva il Covid? Mi sa di sì, di sicuro canto robe non anacronistiche. Mi sono messo contro i benpensanti. E non solo loro. Fonopoli non è nata? I figli dei politici che non l’hanno fatta non avranno Fonopoli e questo un poco mi conforta: esiste una qualche giustizia».

Dicevi del primato che il fronte del palco ha per te.
«Al Circo Massimo ho fatto sedere tutti, 140.000 euro per pagare le gradinate, per mettere comodo tutto il pubblico: i bambini, gli anziani, le partorienti. Questo mestiere lo devi fare solo se ami la gente, altrimenti meglio di no, i bluff vengono sempre a galla».

Recentemente ci avevi invitato a ricominciar a scendere in piazza. Gli studenti, e non solo loro, sembrano averti ascoltato, ricevendo in cambio anche manganellate inopportune a dir poco.
«La piazza è il tabernacolo, il confessionale di un popolo. Ci siamo scesi un tempo per cose molto più leggere di quando sta accadendo. La piazza aspetta i giovani e io sono con loro, non a caso ho scritto cose come “Rivoluzione” e “Bella libertà”».

Ai giovani piace la tua «Spiagge» ricantata da Tutti Fenomeni in «Enea» di Pietro Castellitto.
«E a me piace lui, Pietro, e quel film, che dice cose coraggiose».

Baglioni ha annunciato il ritiro per il 2026.
«Se lo annunci lo devi fare. Io? La cosa più elegante sarebbe scendere dal palco... tipo un 24 febbraio di un 2026, di un 2027 ipotetico salutando la sarta, l’elettricista: “Bella tournée, ci siamo divertiti”. E, poi... Renatino non c’è più, la favola merita un finale leggero e soave. E nessuno che ti tenti per un ritorno».

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