Adelmo Cervi e l'eredità morale dei sette partigiani uccisi dai fascisti

Il padre e gli zii di Adelmo persero la vita nel '43: la loro storia raccontata nel libro

Adelmo Cervi presenta il suo libro a Borgo Ferrovia
Adelmo Cervi presenta il suo libro a Borgo Ferrovia
di Selene Fioretti
Venerdì 6 Ottobre 2023, 12:35
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Ad Avellino un appuntamento con la Storia, quella della Resistenza. Tanto ha rappresentato, infatti, l’incontro che si è tenuto durante la scorsa mattinata nell’oratorio di Santa Chiara, a Borgo Ferrovia, e che ha avuto per protagonista Adelmo Cervi. Oggi ottantenne, è il terzogenito di Aldo, il giovane partigiano fucilato da un manipolo di repubblichini nel poligono di tiro di Reggio Emilia.

Era il 28 dicembre del 1943 e quel giorno, oltre al padre di Adelmo, persero la vita anche gli zii: Gelindo, Antenore, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore. Tutti insieme vengono ricordati come i sette fratelli Cervi, un vero e proprio simbolo della lotta al fascismo. Il dramma della loro vicenda e la tenacia che ebbero nel contrastare il regime dittatoriale sono racchiusi nella memoria di Adelmo, che strenuamente continua a tramandarla. Nonostante avesse solamente quattro mesi quando avvenne l’esecuzione del padre, crescendo ha ricucito le trame della propria famiglia e, soprattutto, ne ha incarnato gli ideali.

Per far sì che il tempo non cancellasse la testimonianza del sacrificio dei ragazzi Cervi, Adelmo ha fissato i suoi ricordi in un libro, dal titolo I miei sette padri. Un’opera che richiama a sua volta, come una naturale continuazione, quella scritta dal nonno Alcide nel 1956 (che porta il nome di I miei sette figli), considerata a livello internazionale un documento fondamentale per ricostruire le fasi dell’antifascismo.

Un tour di presentazione del volume in più tappe, quello che Adelmo sta facendo in questi giorni in Irpinia, che è stato organizzato dalla Cgil provinciale nell’ambito del calendario di eventi preparatori che porteranno alla grande manifestazione sindacale La via maestra (in programma il 7 ottobre a Roma).

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Il suo, in realtà, è un ritorno in provincia di Avellino, a distanza di più di quarant’anni. Nei mesi successivi al sisma del 1980, per l’appunto, insieme a un gruppo di volontari Adelmo ha trascorso un intenso periodo a Sant’Angelo dei Lombardi, per dare aiuto alla popolazione terremotata. Ancora oggi ricorda con grande lucidità e commozione quei momenti.

L’impegno civile, d’altronde, è stato ed è tuttora al centro della sua esistenza. «La mia vita - racconta - è una continua battaglia per portare avanti gli ideali di mio padre e di chi, come lui, ha combattuto contro le ingiustizie di questo mondo, non soltanto quelle del fascismo». Ha i capelli bianchi e la pelle arsa dal sole, indossa una maglietta rossa con su stampato un verso del celebre canto partigiano Fischia il vento: «Eppur bisogna andar». E va Adelmo, continua a portare in tutta Italia la sua testimonianza. Pensa in particolare ai più giovani. Ne incontra tanti quando gira per le scuole. A loro dice: «Non c’è bisogno di essere nati sotto la dittatura per essere antifascisti, perché è antifascista chiunque si ribelli alle iniquità della società, agli abusi del potente sul debole. Lo è chi, con la propria partecipazione, punta al raggiungimento di un mondo più giusto».

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