Questa è la storia di Carmine De Vizia, un papà di Avellino che ha deciso di lottare affinché sia riconosciuto il diritto alle cure per sua figlia. La ragazza, di nome Jessica, ha ventisette anni e dalla nascita è affetta da una patologia degenerativa per la quale ha bisogno di svolgere trattamenti fisioterapici. Padre e figlia, infatti, per tutti questi anni hanno frequentato il Centro Australia di contrada Amoretta, una struttura riabilitativa di competenza dell'Asl di Avellino, così da mantenere stabile lo stato di salute di Jessica. Come prescritto dallo specialista di fiducia, le sedute di fisioterapia settimanali erano tre, ognuna della durata di novanta minuti. Tuttavia, a marzo del 2020, alla ragazza è stata comunicata la riduzione del numero di sedute, che sarebbero passate a due. Una misura che, come è stato riferito alla famiglia, dipendeva dalle restrizioni causate dall'emergenza Covid e perciò temporanee. Così, però, non è stato. Infatti all'inizio di quest'anno, a seguito di una riunione tra i dottori e la paziente per definire il piano terapeutico, Jessica ha visto il riconfermarsi della stessa situazione. A lei, cioè, è stato nuovamente negato il terzo turno di riabilitazione, nonostante quel certificato dello specialista che, avendola in cura da anni e basandosi sulla patologia, continuava a sottolineare la necessità di almeno tre appuntamenti per settimana.
Questa volta, inoltre, non è stata data nessuna motivazione scritta da parte dei dirigenti della struttura. Scritto, invece, è stato l'accordo per il piano terapeutico limitato, che Jessica ha dovuto comunque firmare in extrema ratio, perché l'alternativa sarebbe stata quella di rifiutare completamente la riabilitazione. Papà Carmine, perciò, a febbraio ha deciso di rivolgersi all'avvocato Brigida Cesta, professionista molto nota in città, attraverso la quale ha provato a chiedere spiegazioni al direttore dell'Asl, Mario Nicola Ferrante. L'azione, tuttavia, non è riuscita a rompere il muro di silenzio e, per giunta, qualche mese dopo, il piano terapeutico ridotto è stato confermato ancora una volta. L'avvocato, quindi, ha scritto ancora all'Asl di Avellino e anche alla Regione Campania, ma non c'è stato riscontro. «Quello che mi fa più rabbia - dice De Vizia - è il non avere risposte da chi ha in mano la salute di mia figlia, non ci viene data nessuna spiegazione». Puntando la lente d'ingrandimento sulla questione del Centro riabilitativo Australia, la stessa situazione sembrerebbe replicarsi anche per altre famiglie, costrette ad accontentarsi dei turni ridotti. Turni che, appena liberati, verrebbero immediatamente occupati da altri pazienti iscritti alle liste d'attesa.
Dunque, anche se non viene messo per iscritto, queste dinamiche potrebbero essere derivate da una carenza di personale e dalla cattiva gestione di quel poco, numericamente parlando, che è presente. Attualmente, infatti, al Centro manca un direttore. «La struttura purtroppo è allo sbando - sostiene De Vizia - c'è un responsabile, ma ha le mani legate perché le decisioni arrivano dall'alto». Un vero peccato, secondo padre e figlia, che comunque sottolineano la professionalità dei fisioterapisti che lavorano lì.