«La visibilità e il ruolo dell'ingegner Castellucci sembrerebbero strumentalmente utilizzati in questa tragica vicenda. Più che deliberare di spendere i 138 milioni richiesti dalle strutture tecniche per la riqualifica delle barriere di tutto il tratto autostradale in cui vi era il viadotto Acqualonga non poteva né doveva fare», ha affermato Alfonso Furgiuele, difensore dell'ex ad di Autostrade, Giovanni Castellucci, al termine dell'arringa al processo d'appello sulla tragedia del 28 luglio 2013 quando un bus turistico perse i freni e precipitò dal viadotto dell'A16, a Monteforte Irpino, provocando 40 vittime. Il processo d'appello è nato dalla scelta della Procura di Avellino di impugnare le assoluzioni disposte in primo grado nei confronti dei vertici di Aspi con tanto di rinnovazione del dibattimento per riascoltare alcuni testimoni tra cui il progettista che decise di non sostituire le barriere sul viadotto di Acqualonga ritenendole idonee.
«Quelle barriere erano del tipo H4, indicate tra le più performanti anche dai consulenti del pm e dal perito nominato dal giudice», ha precisato Furgiuele nella sua arringa in difesa di Castellucci.
E non è tutto: lo scontro tra accusa e difesa riguarda anche i capi di imputazione. «Il pm è stato rigoroso nell'operare una distinzione dei ruoli», ha sottolineato il professor Furgiuele spiegando che ai vertici dell'amministrazione centrale è contestata l'omessa riqualificazione, in base al piano del 2008, dell'intero viadotto, mentre ai dirigenti del sesto tronco e delle relative articolazioni l'omessa manutenzione. «Ma riqualificazione e manutenzione non sono la stessa cosa - ha precisato nel corso dell'arringa - si tratta di due concetti diversi a cui corrispondono due contestazioni autonome e indipendenti. Non si può adesso girare le carte con facilità per riconvertire l'accusa così da trasformare la condotta omissiva in una condotta di esclusione». Secondo la difesa, infatti, nel 2008 il CdA decise di sostituire le barriere di primo impianto ma non impedì la sostituzione anche di quelle di seconda generazione. «Si esclude quindi ogni nesso causale con l'incidente».