Daniela, la prima ricoverata nel Sannio:
«Sono guarita ma ho crisi di panico»

Daniela, la prima ricoverata nel Sannio: «Sono guarita ma ho crisi di panico»
di Luella De Ciampis
Giovedì 10 Dicembre 2020, 10:27
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Daniela De Rosa, veterinaria 43enne di Savignano Irpino, ieri mattina ha donato al reparto di Pneumologia dell'ospedale Rummo un ventilatore polmonare, per testimoniare la sua riconoscenza alla struttura in cui è arrivata il 3 marzo, con difficoltà respiratorie causate da una polmonite interstiziale da Covid. È tornata a casa dopo una lunga degenza ed è stata la prima paziente a essere ricoverata e curata con successo dai medici.

Dottoressa De Rosa come sta oggi, a distanza di 10 mesi dall'esperienza della malattia?

«Fisicamente sto bene ma, a livello psicologico, non ho ancora superato il calvario durato 24 giorni.

Ho ancora gli attacchi di panico perché non ho dimenticato i 19 giorni vissuti nel reparto di Pneumologia subintensiva dell'ospedale Rummo, attaccata al respiratore. Più volte ho avuto paura di non farcela e di perdere tutto».

Cosa è accaduto?

«Nella fase iniziale, non mi rendevo conto di cosa mi stesse accadendo. Ero frastornata, mi sentivo la malattia addosso ed è stato un attimo ritrovarmi in ospedale, isolata in una camera senza poter comunicare con l'esterno, senza le mie bambine, lontana dalla mia famiglia, chiedendomi perché il Covid mi avesse colpito in modo così violento a 43 anni. Nelle lunghe ore di estrema solitudine mi arrovellavo sulla possibilità di avere altre patologie a me sconosciute che avevano creato le condizioni favorevoli al virus».

Quando ha cominciato a respirare meglio?

«Solo dopo 10 giorni di ossigenoterapia ma la spossatezza fisica ha continuato a devastarmi, insieme allo scoramento determinato dalla speranza disattesa di risultare negativa al tampone. Un risultato che tardava ad arrivare».

Dopo questa terribile esperienza, la sua vita è cambiata?

«Sono cambiate le priorità, il modo di approcciarsi alle cose. Abbiamo tutti le stesse fattezze umane, gli stessi occhi per guardare ma non le stesse percezioni, la stessa sensibilità, la stessa anima. Per questo, pur vivendo le stesse esperienze, le percepiamo in modo diverso. È così anche per il Covid: ognuno ha avuto la sua esperienza Covid e se la porta addosso. Questa terribile pandemia c'è chi l'ha appena sfiorata, chi l'ha vissuta, chi l'ha evitata, chi l'ha curata, chi l'ha negata e chi l'ha patita e ci ha lasciati».

Perché è tornata al Rummo?

«Perché i medici e gli infermieri che mi hanno curato non sono angeli né eroi ma persone vere che sono rimaste nel mio cuore. Ho pensato di concretizzare questa corrispondenza empatica con chi mi ha salvato attraverso la donazione del ventilatore polmonare al reparto di Pneumologia che mi ha accolto. Non è semplicemente un dono ma un modo per esprimere il desiderio di rimanere legati a chi lo riceve attraverso qualcosa che lasci vestigia di noi, del nostro affetto della nostra riconoscenza».
 

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