Vitigni del Sannio, qualità super ma colpo al raccolto da almeno 20 milioni

I vitigni del Sannio
I vitigni del Sannio
di Antonio Mastella
Venerdì 8 Settembre 2023, 10:56
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«Sarà un'annata straordinariamente buona». Parola di Libero Rillo, presidente del Consorzio tutela vini del Sannio. «La vendemmia che da qui a pochi giorni prenderà il via - puntualizza - darà grandi soddisfazioni». E non è poca cosa. La bontà di aglianico e falanghina servirà, almeno in parte, a mitigare il colpo che il raccolto in ogni caso subirà in termini di quantità. «Allo stato - osserva - si verificherà un calo di non meno del 30% rispetto alle annate normali. Sempre che non si metta di traverso ancora il clima». Anche questo settore, strategico per l'agroalimentare sannita, dunque, non ha avuto sorte diversa da quella toccata alla cerealicoltura, all'olivicoltura e alla zootecnia a causa delle avversità atmosferiche. L'apporto della vitivinicoltura al Pil agricolo è straordinario. Su circa 11mila ettari di vigneti, la metà di tutti quelli presenti in Campania, il Consorzio ne certifica per la produzione di vini Dop intorno ai 4mila.

Le bottiglie con marchio di tutela sono quasi 25 milioni, di cui 6 di Falanghina del Sannio Dop, altrettanti di Sannio Dop, 12 milioni di Beneventano Igp e 350mila di Aglianico del Taburno Docg. Le cantine sono circa 100, tra cui spiccano le grandi cooperative. «Il valore complessivo della produzione a denominazione - sottolinea sempre Rillo - sfiora i 60 milioni di euro ed è una stima prudenziale». Tra l'altro si mettono nel paniere, mediamente, 300mila quintali di uva per vino comune, che valgono non meno di 12 milioni.

A conti fatti, dunque, il colpo inferto dal clima e dalla peronospora sarà di circa 20 milioni di euro. «Al danno - avverte - si aggiunge la beffa. Il disastro non si è spalmato su tutti i vigneti. È accaduto che alcune aziende non hanno perso nemmeno un acino; tante altre, di contro, si ritrovano con i propri vitigni letteralmente spogli: un dramma».

Chiaramente, si proverà ad ottenere la necessaria attenzione da parte delle istituzioni, perché in qualche misura possa intervenire un ristoro: «Valuteremo il da farsi in merito. Bisogna però lavorare, a medio lungo termine, per strutturare al meglio la nostra presenza sui mercati. È il momento di convincersi che si rende indispensabile una politica in grado di avviare un marketing, oggi sostanzialmente insufficiente, che dia compiute prospettive in tal senso». In tal senso, valorizzazione, promozione e tutela dei vini sanniti andranno attuati con un salto di qualità. In che modo? «Con l'adozione di strumenti funzionali a questi obiettivi. Siamo indietro di anni - denuncia sempre Rillo - sotto questo aspetto. Intanto si deve dare vita a una puntuale attività di incoming di esperti e buyers per tutto l'anno. Va da sé che occorrono le giuste risorse finanziarie».

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Il Consorzio, di suo, è impegnato con circa 240mila euro annui. «Ma sono briciole - ammette il presidente -. Per voltare davvero pagina c'è bisogno che le istituzioni, a cominciare dalle amministrazioni locali per finire con Provincia, Regione, Stato e Ue, prefigurino budget di spesa con programmi finalizzati alla promozione a livello internazionale. Si deve insistere sui mercati extraeuropei». Rilancia, inoltre, la necessità di creare anche «una strada del vino di almeno 30 chilometri, che parta da San Giorgio per terminare a San Salvatore, rendendola attrattiva con tutte le eccellenze che possediamo, non solo dal punto di vista enogastronomico». Nel mirino i fondi per il contratto di filiera in ambito Pnrr: «È un'occasione da non perdere per attrezzarci in tal senso». Alla luce dei cambiamenti climatici, Rillo infine ritiene sia tassativo affidarsi a ricerca e sperimentazione: «Si lavori - conclude - al "genoma editing", che non crea un organismo geneticamente modificato ma rende l'uva semplicemente più resistente, forte alle insidie climatiche e di parassiti, senza che perda alcunché delle proprie caratteristiche, sotto ogni profilo». 

 

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