Carcere di Santa Maria Capua Vetere,
è già scontro sull'accusa di tortura

Carcere di Santa Maria Capua Vetere, è già scontro sull'accusa di tortura
di Biagio Salvati
Domenica 11 Luglio 2021, 12:30
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Il Tribunale del Riesame accoglie l'impianto accusatorio della Procura di Santa Maria Capua Vetere in relazione ai pestaggi contestato anche il reato di tortura - ai danni dei detenuti avvenuti il 6 aprile 2020 nel penitenziario Uccella. L'ottava sezione del Tribunale della Libertà di Napoli, infatti, a conclusione dell'udienza fissata per valutare la posizione di quattro agenti della penitenziaria finiti in arresto il 28 giugno scorso, ha confermato due misure restrittive, attenuandone una terza e annullando la quarta con conseguente scarcerazione. Per tutte le posizioni valutate però sono stati ritenuti sussistenti i gravi indizi di colpevolezza. In particolare i giudici hanno confermato il carcere per Salvatore Mezzarano, 40 anni, (difeso da Giuseppe Stellato), ispettore coordinatore del Reparto Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere, e la misura degli arresti domiciliari per l'agente Fabio Ascione (difeso dall'avvocato Michele Spina). Il collegio ha invece scarcerato per carenza di esigenze cautelari l'agente Oreste Salerno (difeso da Angelo Raucci), che dal carcere passa ai domiciliari e l'ex agente Claudio Di Siero (assistito dall'avvocato Domenico Pigrini), che era ai domiciliari e che ora è completamente libero: quest'ultimo era andato in pensione dopo il 6 aprile del 2020, per cui da mesi ormai non fa più parte della Polizia Penitenziaria. 

Il reato di tortura è stato introdotto nel 2017 e mai applicato in un'unica indagine a così tanti pubblici ufficiali (sono 41 gli agenti che ne rispondono). Secondo l'avvocato Stellato «non si poteva configurare questo reato bensì ipotesi generiche di lesioni, violenza privata, percosse, in quanto mancherebbero le caratteristiche richieste per qualificare i fatti come torture, ovvero quella capacità afflittiva che si traduce in acute sofferenze fisiche o in un verificabile trauma psichico, in condizioni inumane e degradanti». Dunque per il legale la condotta realizzata sarebbe frutto di una circostanza ben precisa, ovvero la protesta realizzata dai detenuti il giorno prima della perquisizione, quando i reclusi del Reparto Nilo vi si barricarono dopo aver avuto notizia di un detenuto positivo al Covid.

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Intanto, c'è attesa per il deposito del provvedimento del gip Sergio Enea che potrebbe confermare o modificare alcune posizioni: tra queste, quella di Antonio Fullone, fino a prima del blitz provveditore del Dap in Campania, per il quale si attende anche l'esito del Riesame. Nell'ordinanza del gip, il nome di Fullone compare 550 volte. Per lui la Procura aveva chiesto gli arresti domiciliari, ma il gip ha ritenuto che ci fossero gli estremi solo per imporgli l'interdizione per 8 mesi dall'esercizio dell'attività svolta. Dagli atti emerge che il suo ruolo fu determinante nella decisione della vicedirettrice del carcere (Parenti, reggente in quel periodo per assenza della direttrice in carica) di disporre la perquisizione straordinaria nel reparto Nilo. Dalle chat di Fullone emerge ch il funzionario interviene sulla vicedirettrice per fare stroncare la protesta dicendole «l'unica scelta è quella di usare la forza» (cosa che non avverrà perché la protesta rientra spontaneamente, ma sarà solo rimandata al giorno dopo) e dall'altro tiene costantemente aggiornato l'allora capo del Dap, Francesco Basentini (estraneo alla vicenda giudiziaria).

Mentre nel carcere saliva la tensione per un detenuto positivo al Covid, scrisse Fullone: «Ho spostato già 100 uomini su Santa Maria». 

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