«Barconi taxi della mafia nigeriana»
Sgominata cellula trafficanti di donne

«Barconi taxi della mafia nigeriana» Sgominata cellula trafficanti di donne
di Mary Liguori
Sabato 20 Aprile 2019, 08:20 - Ultimo agg. 10:23
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 Dalla Nigeria a Torino, con tappe a Napoli e Castel Volturno, per sfuggire all’inferno e finire in un incubo. È la storia delle migliaia di «schiave» del sesso che popolano le periferie delle nostre città e nell’ultima inchiesta, a opera dei carabinieri di Torino, c’è la fotografia, istantanea dopo istantanea, del viaggio di almeno diciotto ragazze ingannate dalle loro connazionali in Nigeria, fatte arrivare in Italia a mezzo barcone, prelevate dai centri di accoglienza e tenute in schiavitù col rito woodoo - di recente abolito dall’oba - e con percosse, stupri e minacce. Il loro corpo, per le altre donne, vale 50 euro a notte. L‘inchiesta è partita nel 2016 dopo l’interrogatorio di decine di responsabili e operatori di coop e strutture che ospitano immigrati. Una delle ragazze vittime del giro si è affidata ai carabinieri. Grazie al suo coraggio sono scattate intercettazioni telefoniche e indagini che sono arrivate fino in Africa. E ieri, il gip Silvia Carosio, del tribunale di Torino, ha ordinato l’arresto di otto donne e tre uomini, tutti nigeriani. Tra loro una donna che abitava a Pinetamare, nel comune di Castel Volturno.
RUOLI: DAL WOODOO AGLI STUPRI
Ci sono i nomi di quelli in cabina di regia, in Germania, COME Juliet Ogbona, e ci sono i nomi dei bracci operativi, direttamente collegati ai mercanti di donne, in Libia e in Nigeria, come Paul Salomon. È uno spaccato vivido e drammatico degli affari che la mafia nera gestisce a livello internazionale, passando per l’Italia, la misura cautelare spiccata ieri dal gip di Torino. Glory Izegor, per esempio, è addetta ai riti woodoo e alle pressioni sulle famiglie delle vittime rimaste in Nigeria. Chi disobbedisce sa che l’ira della mafia nera si abbatterà sui propri parenti. E per rendere più dirette le minacce in alcuni casi si ricorre alle «teleconferenze» con i genitori delle ragazze tenuti in ostaggio davanti al cellulare che pregano le figlie di non ribellarsi. Un giogo a doppio nodo. Per loro, le schiave, ci sono poi metodi anche più diretti di quelli della maledizione woodoo. Favour Izegor le picchiava, mentre il fidanzato, Benjamin Thopilus, le teneva sotto sequestro in casa sua. 
I SOLDI SULLE POSTEPAY
I ruoli centrali sono ovviamente quelli addetti alla gestione del denaro. Che è tanto. Ogni ragazza per tornare libera deve pagare circa 25mila euro. Denaro che transita sulle postepay, come quella intestata a Ebiuwa Eguaveon, nigeriana in Italia con i documenti a posto. Altre figure fondamentali sono quelle addette al reclutamento. Joy Osaro, la donna arrestata a Castel Volturno dai carabinieri di Mondragone ieri nell’ambito della stessa inchiesta, insieme a tale Enoma, suo braccio destro in Nigeria, si occupa proprio di «sistemare» le donne mentre la sorella di Joy, «Queen Betty» il nome di battaglia, fittava il joint, ovvero il pezzo di strada in cui prostituirsi, alle ragazze schiavizzate in Piemonte. 
per una notte donne usano corpo di altre donne per 50 euro forfait 
IL VIAGGIO
I trafficante nigeriano paga due volte: all’inizio del viaggio, ovvero in Nigeria o in Niger e quando arriva in Libia per mettere la vittima sul barcone. Già, perché nei diciotto casi esaminati nell’inchiesta di ieri le giovani vittime sono arrivate a Lampedusa col barcone. Molte durante l’estate del 2016 quando, con la chiusura della rotta balcanica tra Turchia e Grecia si registrònel Canale di Sicilia un aumento notevole dei flussi tanto che furono salvate, dal 26 al 30 agosto, 13mila personeIl 30 agosto, 1273 persone dirette a Palermo furono fatte sbarcare in emergenza a Lampedusa. Tra loro c’era una delle diciotto vittime dell’organizzazione sgominata ieri. Fu accompagnata in un centro migranti per donne, poi prelevata dalla mafia con la quale aveva un accordo, prima di partire. Scoprì solo in quel momento che non avrebbe fatto la parrucchiera, ma la prostituta. Una storia comune a tutte le altre vittime della tratta, migliaia quelle che arrivano in Italia ogni anno e finiscono nell’indifferenza generale sui marciapiedi delle grandi città. Torino, Napoli, con lo «spartitraffico» Castel Volturno, la terra di nessuno e Benin City d’Italia dove nascondere le vittime della schiavitù moderna è più facile che altrove.
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