Damnatio memoriae, ​la mostra di Vezzoli e Jodice a Capri

L'inedito dialogo tra due geniacci dell'arte presentato a Capri dallo Studio Trisorio

L'inedito dialogo tra Francesco Vezzoli e Mimmo Jodice
L'inedito dialogo tra Francesco Vezzoli e Mimmo Jodice
di Alessandra Pacelli
Martedì 4 Luglio 2023, 12:00
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In uno spericolato gioco di specchi tra antico e contemporaneo, Francesco Vezzoli incrocia per la prima volta la fotografia. E non poteva che essere quella estatica e sontuosa di Mimmo Jodice, che pure reinterpreta il passato esaltandone l'iconicità sia da un punto di vista plastico che storico in una straordinaria sintesi poetica. Insomma, quello che verrà presentato a Capri dallo Studio Trisorio, è l'inedito dialogo tra due geniacci dell'arte: il primo una star degli anni Duemila, l'altro un maestro indiscusso di classicità. S'intitola infatti «Damnatio memoriae» la mostra che inaugura domani (ore 18.30, in via Vittorio Emanuele 44 a Capri) in cui Vezzoli e Jodice diventano complici di una elegantissima operazione visionaria in cui l'Arte è messa al servizio della Storia.

Vezzoli, ancora una volta ha messo in scena l'incontro tra passato e presente?
«Oramai sono dieci anni che lavoro sulla manipolazione della Storia.

Tutto parte sempre da lì, da un reperto classico che io reinterpreto. Questa volta si tratta di due teste che si fronteggiano, che già costituiscono un topos, e poiché rappresentano entrambe l'imperatore Caracalla sembra quasi che la storia voglia specchiarsi in se stessa».

Cosa la seduce così tanto dei reperti archeologici?
«La loro iconicità, che parte da un archetipo e poi diventa pop. Il mio approccio non è motivato dal culto del frammento, piuttosto dalla sua vulnerabilità».

E il dialogo con Mimmo Jodice?
«È un uomo speciale, con una grazia tutta sua che va oltre la grandezza dell'artista. Il suo sguardo sull'archeologia è particolarissimo, esalta anche ciò che è rimasto ferito dal tempo. In questa fotografia che ho scelto, “L'amazzone di Ercolano” che non ha più il volto, si capisce che a Mimmo non interessa la perfezione ma la poesia che racchiude il reperto».

Perché il titolo «Damnatio memoriae»?
«Perché Caracalla per favorire la sua ascesa condannò all'oblio anche la memoria dei suoi parenti. Proprio come la testa fotografata da Mimmo, che sembra colpita di proposito da una pietrata».

I due Caracalla in mostra sono sculture del Seicento e del Settecento. Non la turba intervenirci sopra pittoricamente?
«I miei sono interventi completamente reversibili, che non pratico su reperti museali ma su opere che sono di mia proprietà. E poi il mio intento è proprio quello di recuperarli dall'oblio, riattivandone la carica emotiva».

Un po' come ha fatto per la sua grande installazione permanente al museo di Capodimonte?
«Sì, certo. Lì ho utilizzato reperti neoclassici tirati fuori dai depositi».

Ma un po' di provocazione c'è sempre?
«Più che altro la mia è una sfida. La provocazione sta nel domandarsi perché un scultura di epoca classica costa meno di un'opera contemporanea».

Per una mostra a Capri, però, ci voleva l'imperatore Tiberio.
«Ho pensato anche a lui, e lo ho immaginato che guarda vecchi film su Cleopatra con Liz Taylor. Le vetrine esterne della galleria di Trisorio, le ho infatti trasformate in quelle di un ipotetico Cinema Tiberius che propone peplum movies».

Il cinema è sempre presente nelle sue mostre?
«Un amore che viene dall'infanzia, quando proprio al cinema scoprivo i primi riferimenti iconografici. Il primo film che ho visto? La magnifica ossessione!».

E l'incontro con Capri?
«Magnifico anche questo: un'isola che nella sua storia è piena di artisti. Capri viene identificata come luogo per vacanzieri vanitosi, invece è un posto ideale per teste pensanti». 

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