«Le ondate di licenziamenti servono a spingere i lavoratori ad accettare stipendi sempre più bassi. Dobbiamo rimanere uniti e chiedere di più»

Le parole di Kate arrivano dopo un'esperienza personale che l'ha lasciata col fiato sospeso fino all'ultimo, senza sapere se il giorno dopo avrebbe ancora avuto un impiego oppure no

«Le ondate di licenziamenti servono a spingere i lavoratori ad accettare stipendi sempre più bassi. Dobbiamo rimanere uniti e chiedere di più»
«Le ondate di licenziamenti servono a spingere i lavoratori ad accettare stipendi sempre più bassi. Dobbiamo rimanere uniti e chiedere di più»
di Hylia Rossi
Domenica 11 Febbraio 2024, 17:00
4 Minuti di Lettura

Grandi aziende annunciano il licenziamento di centinaia di dipendenti, solitamente adducendo come motivazione la necessità di tagliare i costi troppo elevati in seguito all'ondata di assunzioni durante il periodo del Covid. Ormai, questa, è una cantilena che si sente con allarmante frequenza e mentre c'è chi si vede costretto a ritrovare il vigore e rilanciarsi nella ricerca di un lavoro nell'ormai affollato mercato, c'è chi si chiede se ci siano dei motivi ulteriori dietro la situazione presente. 

Licenziamenti come sintomo di un problema diverso, o forse una tecnica di manipolazione che serve un obiettivo nascosto: le parole di Kate arrivano dopo un'esperienza personale che l'ha lasciata col fiato sospeso fino all'ultimo, senza sapere se il giorno dopo avrebbe ancora avuto un impiego oppure no.

Secondo la donna, i lavoratori devono imparare a rimanere uniti se vogliono far valere i propri diritti e ottenere uno stipendio adeguato. 

«Sono state licenziate 500 persone, nell'azienda in cui lavoro, oggi», dice Kate, e poi ripete, con ancor più sentimento: «Cinquecento persone». La donna racconta la reazione di molti colleghi alla notizia, anni prima, di essere stata assunta alla NASA, nel Jet Propulsion Laboratory: Gente che lavorava lì da 10 anni mi ripeteva che ero fortunata perché qui non mandavano via nessuno».

Eppure, le cose sono andata diversamente e Kate ammette: «Stamattina mi sono svegliata con il pensiero che sarei stata licenziata dalla NASA con un video, e non è stato divertente. Sono davvero grata di avere un lavoro e ora sto sperimentando una sorta di sindrome del sopravvissuto, mi sento in colpa nei confronti di chi non ce l'ha più».

Kate lamenta anche il modo in cui i licenziamenti sono stati portati avanti, vale a dire colloqui e riunioni in videochiamata, uno dopo l'altro, ed entro un'ora il dipendente avrebbe ricevuto una mail che lo informava sulla situazione, vale a dire se aveva ancora un lavoro oppure no.

Per di più, sono stati avvertiti del procedimento il giorno prima che fosse portato avanti: «Già da ieri sapevamo cosa sarebbe successo oggi e abbiamo avuto tutta la notte per preoccuparci, e poi stamattina, e poi dopo ogni singola riunione. Ero in riunione e c'era la gente che singhiozzava». 

Dopo aver passato questi due giorni d'inferno e ancora con la sindrome del sopravvissuto, Kate lancia il suo allarme ed esprime i suoi pensieri su ciò che sta succedendo, non solo alla NASA ma praticamente ovunque, nel mondo: «Sono contenta di avere un lavoro ma non mi sento affatto al sicuro perché le ondate di licenziamenti continueranno a presentarsi, a tutti noi».

«Non solo alla NASA, precisa Kate, «Quindi vorrei incoraggiare i lavoratori e dire loro che siamo tutti sulla stessa barca e i licenziamenti sono sistematici, servono a spingerci ad accettare dei ruoli con stipendi sempre più bassi, una reazione all'ondata di dimissioni durante la quale i lavoratori si sono azzardati ad andarsene in cerca di condizioni migliori e chiedere più soldi».

La donna precisa che le singole aziende non lo stanno facendo consapevolmente, ma che si tratta della reazione del mercato, che prova a «spingere le persone a tornare a fare da schiavi e a ringraziare se arrivano a prendere 15 euro l'ora. Dobbiamo rimanere uniti, e dobbiamo chiedere stipendi più alti, condizioni migliori».

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