Nascosta a Kabul, nel suo tweet più recente, due ore fa, ha scritto: «Una donna è stata uccisa dai talebani a Nangarhar». In precedenza: «I talebani hanno iniziato una perquisizione casa per casa, soprattutto tra i giornalisti. Cosa accadrà alle giornaliste?». La testimonianza è dell'attivista afghana Humira Saqib, 41 anni, giornalista e da sempre in prima linea in difesa dei diritti umani. Di recente, insieme ad altri 1.200 esponenti della società civile del suo Paese ma anche iraniani, ha scritto una lettera appello a sostegno delle donne afghane dopo il ritorno dei talebani.
L'attivista afghana e le atrocità dei talebani
Secondo quanto racconta El Pais, Humira Saqib, che ricorda le atrocità dei talebani quando presero il potere oltre vent'anni fa, spiega: «Noi attivisti siamo intrappolati qui, ci nascondiamo nelle case di amici o parenti e non possiamo uscire a causa del rischio che corriamo».
La situazione
I talebani, sia sui social network (a partire da Twitter) sia con interventi sulle tv afghane e internazionali, hanno provato a mandare messaggi distensivi e rassicurazioni che non ci saranno violenze. Parole che contrastano però con altre immagini di brutalità nelle province in cui, giorno dopo giorno, hanno preso il potere e con la paura delle migliaia di persone che hanno tentato di fuggire dall'aeroporto di Kabul.
I media
I network afghani, in queste ore, hanno scelto di fare comparire di nuovo in video le giornaliste donne, sia per strada sia in studio, ma la tensione è alta. Molte testimonianze raccontano che per strada nella Capitale ci sono poche persone e tra di loro le donne sono molto rare. Secondo Femena, una rete che sostegno dele donne in Medio Oriente e Asia, «i talebani molestano e minacciano regolarmente le donne nelle aree che controllano». Saqib, che è nascosta in un'area segreta di Kabul, a El Pais ha spiegato: «Dicono che andiamo a lavorare e studiare, per condurre una vita normale, ma a Herat non permettono a donne e ragazze di andare all'università. Chiediamo agli altri Paesi di lavorare per salvare la vita di attivisti, difensori dei diritti umani e giornalisti. Chiediamo che 20 anni di progresso non siano rovinati e che alle persone venga data una garanzia internazionale che proteggeranno le loro vite».
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