«Queste sono le tessere del Partito Democratico... sono commissario del Pd a Taranto... non so nemmeno quanti siano esattamente... saranno 13, 12, 14mila euro. Sono per le tessere, poi li devo versare». A parlare è Nicola Oddati, ex coordinatore nazionale della segreteria del Pd e dirigente di staff della Regione Campania. È appena uscito dal suo ufficio nella sede di rappresentanza in via Poli, a Roma, dove ha incontrato l’imprenditore Salvatore Musella e un altro imprenditore calabrese non indagato. È l’11 gennaio 2022 e la polizia indaga. Poco prima di Musella, il politico ha incontrato Bastianelli e Righini (entrambi tra gli indagati) «presumibilmente per questioni relative all’aggiudicazione della concessione del Rione Terra», sostiene il gip condividendo la ricostruzione dei pm. Al momento è solo un’ipotesi investigativa da verificare e Oddati potrà chiarirla nei successivi step dell’inchiesta, tuttavia il giudice che firma l’arresto cautelare sottolinea che è invece un fatto ciò che accade al termine dell’incontro in via Poli. Cosa accade? Oddati e Musella raggiungono un taxi nella vicina via del Tritone, stanno per salire a bordo quando il cane dell’unità cinofila del commissariato Roma Trevi, che non era lì per caso, fiuta qualcosa nello zaino di Oddati. Il politico prova a chiuderla così: «Sono le copie delle tessere che mi hanno portato e che devo portare a Taranto», afferma. Gli agenti però gli chiedono di aprire i due pacchi che ha nello zaino e spuntano tre mazzette di denaro per un totale di 14mila euro. Oddati allora prova a giustificarsi: «Sono per le tessere, li devo versare». Una motivazione che non convince gli inquirenti, tanto che i pm dispongono approfondimenti interpellando i tesorieri di partito ed esaminando il regolamento del tesseramento del Pd da cui emerge che il denaro in contanti è un’anomalia e i pagamenti per le tessere di iscrizione devono essere tracciati.
Le mazzette sono sempre nelle buste.
«Cosa hai portato a casa?». «Una bomba», risponde Oddati. «1.500 sono per il computer, 1.500 euro per la casa, mille per te e mille per me», aggiunge parlando con la collaboratrice e spiegando che con i mille euro per lei può fare quello che vuole. Anche in questo caso, secondo la Procura, si tratterebbe di riferimenti a soldi collegati all’impegno ad agevolare aggiudicazioni di appalti o concessioni a favore di Musella.
Non solo soldi. Secondo l’accusa, Oddati si sarebbe fatto ricompensare anche con favori. Abiti sartoriali di pregio, per esempio. «Fagli misurare quello che vuole», dice Gianluca Flaminio (collaboratore di Musella e tra gli indagati) a un noto sarto napoletano, aggiungendo di assecondare le richieste del cliente senza però confermare che metterà l’abito in produzione perché «il vestito sarà concesso solo se farà ciò che deve fare», precisa. Per gli inquirenti questa frase equivarrebbe a una conferma ai sospetti sui rapporti tra il politico e l’imprenditore.
«Domani Nicola sta a Napoli, mi ha chiesto una stanza al Terminus. Procedo?». «Sì», risponde Musella al suo collaboratore. «Digli che vado a colazione da lui in hotel». Il Nicola a cui si fa riferimento è Oddati per i pm. Il soggiorno in albergo sarebbe una delle utilità che il politico avrebbe ottenuto dall’imprenditore, oltre ad auto a noleggio. «...una simile Captur o che ne so...», dice potendo scegliere persino il modello.
«Togliete i telefoni di mezzo» è la raccomandazione che ribadisce Musella. «Il che - scrive il gip nel provvedimento cautelare - la dice lunga sulla consapevolezza della illiceità di quelle trattative». Il riferimento è alla richiesta che l’imprenditore, tramite il nipote, è accusato di aver fatto all’ex sindaco Figliolia di disporre una proroga dei termini per il deposito delle domande per la concessione della gestione del Rione Terra.
Se la ricostruzione accusatoria al cuore delle indagini dovesse trovare riscontro nelle successive fasi dell’iter giudiziario, ci troveremmo di fronte a un copione purtroppo già visto: assunzioni chieste in cambio di aiuti negli appalti. Perché? Per avere più consenso politico. Eccola, infatti, la tesi della Procura sulla posizione dell’ex sindaco di Pozzuoli Vincenzo Figliolia (tra gli indagati destinatari di misura cautelare in carcere). «Figliolia - scrive il gip - aveva premuto con Musella e i suoi uomini perché tali unità venissero a lavorare presso la nuova struttura del parcheggio passata in gestione ai privati». Si indaga su otto assunzioni. «Figliolia avrà potuto riscuotere un proprio non trascurabile credito preso gli otto lavoratori e le loro famiglie per aver garantito l’anelato posto fisso». Ora si attende la versione dell’ex sindaco e, in attesa del contraddittorio, vale la presunzione di innocenza.
Tra i dettagli da chiarire ci sarà anche la questione delle pen drive, due dispostivi scoperti nel corso delle indagini: una contiene file relativi alla contabilità di pagamenti, dazioni e regalie, comprese quelle che secondo l’accusa sarebbero state funzionali alla presunta corruttela; l’altra raccoglie file di posta elettronica e una cartella con le assunzioni dei dipendenti della società di cui Musella è titolare di fatto.