Circumvesuviana Napoli, frigo e vasca sui binari: una “bravata” di tre teppisti

I minori fermati al passaggio a livello mentre provavano a sabotare i sensori

Circumvesuviana Napoli, frigo e vasca sui binari: una “bravata” di tre teppisti
Circumvesuviana Napoli, frigo e vasca sui binari: una “bravata” di tre teppisti
di ​Dario Sautto
Venerdì 15 Marzo 2024, 23:28 - Ultimo agg. 17 Marzo, 08:52
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Un gioco, una bravata, uno scherzo di cattivissimo gusto che poteva costare danni e feriti. Dietro i raid contro la Circumvesuviana non c’erano terroristi o residenti arrabbiati, bensì tre ragazzini «annoiati» che ci avevano preso gusto «perché hanno cominciato a parlarne i social, i giornali e le TV». Tre adolescenti di 16, 15 e 13 anni avevano messo a repentaglio la sicurezza dei treni per quello che loro consideravano un semplice gioco. Sono stati bloccati dopo un inseguimento nelle campagne alle spalle del passaggio a livello di via Crapolla, nella periferia di Pompei, dopo aver danneggiato anche i sensori lungo la linea Napoli-Sarno, e alla polizia hanno confessato di essere i responsabili degli altri sabotaggi ai danni della Circumvesuviana.

Due sono stati denunciati a piede libero alla Procura per i Minorenni di Napoli, il più piccolo – non ancora imputabile – è stato segnalato: tutti, poi, sono stati riaffidati alle loro famiglie.

Dovranno rispondere dei reati di attentato alla sicurezza dei trasporti e danneggiamento aggravato. Non appartengono a famiglie di camorra, né hanno parenti pregiudicati, tantomeno sono riferibili ai gruppi che da mesi protestano pro o contro i sottopassi. Si tratta di tre adolescenti di buona famiglia, che frequentano regolarmente la scuola e che, inizialmente per un incomprensibile gioco, hanno iniziato a prendere di mira i convogli in transito nei pressi di quei passaggi a livello incustoditi di via Crapolla. Abitano tutti in quel quartiere e per loro, ormai, era diventata una sfida quella.

Una «challenge», per utilizzare il termine inglese in voga su TikTok, che poteva costare caro ai tanti passeggeri che viaggiano in Circumvesuviana, al personale Eav e agli stessi ragazzini. Raccoglievano rifiuti ingombranti – probabilmente proprio in quel fondo di proprietà Eav alle spalle dei binari, di recente ripulito dal Comune di Pompei – per poi trasportarli sulla strada ferrata, nei pressi del passaggio a livello incustodito di via Crapolla. Una vasca da bagno prima, poi un newjersey, pezzi di legno, addirittura un frigorifero contro il quale il convoglio era andato ad impattare, fortunatamente senza particolari danni. Gli episodi si erano ripetuti per diversi giorni, non tutte le sere, e sempre dopo le 19.

Con l’avvio dell'inchiesta – coordinata dalla Procura di Torre Annunziata e affidata al commissariato di polizia di Pompei – i raid si erano interrotti. Fino a giovedì sera, quando il gruppetto di ragazzini della periferia pompeiana – poco dopo le 19 – ha deciso di tornare in azione. I poliziotti, però, erano in zona e li hanno notati mentre danneggiavano i sensori degli impianti di sicurezza ferroviaria: loro credevano che fossero le telecamere installate dagli investigatori per incastrarli. Subito rincorsi e bloccati mentre tentavano la fuga nelle campagne circostanti, i ragazzini si sono arresi poco dopo e, in commissariato, hanno pure confessato.

Non si trattava di proteste dei residenti né di sabotaggi studiati. Non c’era una regia anti Circumvesuviana né un disegno preciso per danneggiare i trasporti pubblici. Dietro quegli inspiegabili e pericolosissimi raid contro i treni c’erano semplicemente tre ragazzini che si divertivano anche. L’adrenalina di finire su tutti i telegiornali, poi, li aveva caricati ulteriormente.

Erano stati paragonati a terroristi, attentatori, sabotatori. In realtà erano solo ragazzini che pensavano di essere protagonisti di un videogioco. Se per quei gesti nel mondo virtuale basta non salvare per cancellare ogni cosa, nella realtà esistono conseguenze che rischiano di essere anche pesanti. Ora, gli atti del fascicolo aperto dal procuratore Nunzio Fragliasso dovrebbero essere trasmessi da Torre Annunziata alla Procura per i Minorenni di Napoli per tutte le valutazioni. Il caso «unabomber» di Pompei, dunque, si chiude qui.

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