Fulvio Filace morto nell'esplosione dell'auto in tangenziale, migliaia alla fiaccolata: «Vogliamo verità e giustizia»

In piazza anche il sindaco di San Giorgio: «La nostra comunità merita di sapere i dovuti perché»

In migliaia alla fiaccolata per Fulvio
In migliaia alla fiaccolata per Fulvio
di Alessio Liberini
Martedì 4 Luglio 2023, 11:03 - Ultimo agg. 14:15
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«Verità e giustizia» è il messaggio che campeggia sulle maglie, ritraenti il volto del laureando, indossate da amici e familiari. Nella serata di ieri in migliaia hanno sfilato lungo le strade di San Giorgio a Cremano prendendo parte alla fiaccolata per ricordare Fulvio Filace, il tirocinante del Cnr morto ad appena 25 anni in seguito all'esplosione, avvenuta lo scorso 23 giugno sulla Tangenziale di Napoli, dell’auto sperimentale su cui viaggiava insieme con la ricercatrice Maria Vittoria Prati.

Nella città alle pendici del Vesuvio, dove il giovane viveva con i genitori e le sorelle, il dolore di un’intera comunità ancora sotto choc si tramuta in una fortissima, quanto legittima, richiesta di chiarezza e trasparenza per una tragedia tuttora contornata da troppe domande senza risposta.

A contrapporsi al muro di gomma, ed al «vergognoso silenzio di questi giorni», ci pensano così parenti, amici e concittadini ad accendere una luce. Illuminando, attraverso una marcia silenziosa partita da Villa Bruno e terminata dinanzi la casa del giovane tirocinante, le vie dove Fulvio era nato e cresciuto.

Alla testa della processione laica, sono papà Salvatore e mamma Rosaria i primi a stringere tra le mani lo striscione che apre il corteo con su scritto «Giustizia per Fulvio», affianco a loro arrivano anche il sindaco di San Giorgio a Cremano, Giorgio Zinno, il deputato Francesco Emilio Borrelli e tantissimi amici.

«Vogliamo sapere tutto ciò che non torna di questa terribile vicenda – spiega Dario Cascio che con Fulvio aveva stretto una forte amicizia già dai tempi dell’asilo - un ragazzo di 25 anni non può morire in questo modo: è assurdo». «A Fulvio mancava un solo esame – ricorda amareggiato - stava svolgendo un tirocinio obbligatorio volto a formalizzare dei crediti per poter conseguire la laurea Magistrale in Ingegneria Meccanica alla Federico II. Senza questo tirocinio non poteva laurearsi. Come può un ragazzo morire in questo modo? Perché? Perché la macchina “doveva essere sotto stress”: queste erano le parole che mi diceva Fulvio quando mi parlava del tirocinio».

Fabio Perrotta, un altro amico di vecchia data, l’aveva visto la sera prima dell’incidente: «Era turbato – racconta - ricordo che era ansioso di tornare presto a casa perché il giorno dopo doveva scendere presto per fare questo “servizio”, così lo chiamava lui. Non so se Fulvio conosceva al 101 per cento i rischi che correva ma di sicuro non era felice di questo esperimento perché era lontano dai suoi sogni».  Ad ogni caso «sono troppe le domande che non tornano ed abbiamo diritto ad avere delle risposte, in primis per la sua famiglia».

A chiedere le dovute delucidazioni, per ricostruire colpe e cause, è difatti l’intera cittadina alle porte di Napoli: «La richiesta di giustizia non è soltanto della famiglia o degli amici – precisa il primo cittadino vesuviano, Giorgio Zinno – ma di un’intera comunità che merita di sapere i dovuti perché». Nel mentre, annuncia il sindaco di San Giorgio a Cremano, lo striscione con il volto di Fulvio che ha aperto il corteo sarà presto esposto sulla facciata principale della casa comunale «per ricordare a tutti quanti noi che c'è bisogno di giustizia, l’unica parola che oggi ci interessa».

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Intanto il caso è già arrivato a Roma grazie al deputato di Alleanza Verdi-Sinistra, Francesco Emilio Borrelli, che nei giorni scorsi ha presentato un'interrogazione parlamentare sull'incidente: «Questa famiglia deve avere giustizia e soprattutto deve sapere cosa è successo. Aspettiamo una risposta rapida da parte del ministero competente, università e ricerca scientifica: ci devono spiegare cosa ci faceva un prototipo di quel tipo in mezzo alla Tangenziale di Napoli in un orario di punta. È inaccettabile quello che è successo ed è il motivo per cui dobbiamo andare avanti fin in fondo».

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