Ischia, un anno fa la frana: ancora fango e macerie

Ricorso contro il piano idrogeologico, il sindaco: «Così com’è si blocca tutto»

Lavori in corso nella zona della frana
Lavori in corso nella zona della frana
di Adolfo Pappalardo
Mercoledì 15 Novembre 2023, 23:27 - Ultimo agg. 17 Novembre, 07:27
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Fango. Fango ovunque. C’è ancora nelle case sventrate mentre i muri perimetrali delle vie principali ne portano ancora i segni. Come unghiate.

Quanto ne hanno scavato di fango? Quanto ne hanno portato via? Centomila metri cubi sinora e quasi altrettanto ne mancano ancora da scavare? Poco? Molto? In sagoma sono due stadi San Siro riempiti sino al colmo: fate voi. Ad un anno quasi dalla frana di Casamicciola (26 novembre) che fece 12 morti, i segni ci sono ancora tutti nonostante gli sforzi. E in alcuni punti le tracce della frana e quelle del sisma dell’agosto 2017 si sovrappongono. 

Molte sono ancora chiuse. Negozi, supermercati, una chiesa e qualche hotel che, forse, nemmeno riaprirà più. È sprangato da allora l’hotel Terme Manzi, il più antico, dove Giuseppe Garibaldi venne a curarsi nel 1864 le ferite della campagna dell’Aspromonte. 

«Imu e Tasi diventate già altissime poi la decisione: non lo riaprirò più», dice Maria Antonietta D’Orta riferendosi al suo albergo, un dignitoso due stelle dove campeggia ancora l’insegna a neon.

La guarda e si gira per non far vedere le sue lacrime. Un’altra struttura, la sua famiglia, l’aveva chiusa più di 40 anni fa. Terme che sorgevano ai piedi degli alvei di raccolta. Perché dal monte Epomeo il fango «benefico» per curarsi veniva raccolto nelle fangaie per scopi terapeutici. Era un sistema arcaico ma per decenni ha funzionato alla perfezione. 

«Negli archivi abbiamo recuperato i progetti degli anni ‘30: briglie e vasche garantivano la sicurezza di chi era a valle», spiega Claudio D’Ambra, giovane ingegnere in forza al Commissariato per la ricostruzione. E aggiunge: «Poi per 70 anni nessuno si è occupato più di nulla». Tutto coperto per decenni da rifiuti, vegetazione e fango che, cementatosi, ha occluso tutto. E acqua e fango, quella notte, sono defluiti per le strade. Sventrando case e tutto quello che la furia trovava. Per capirlo basta entrare al centro di questi alvei, ne sono tre, nel ventre del monte Epomeo. Prima era tutto previsto, tutto funzionava. Chi doveva occuparsene per questi 70 anni? Un po’ tutti. Dal Demanio che ha competenza sugli alvei, passando per Comune e Regione sino ai privati che si affacciano qui sopra. Ma non l’ha fatto nessuno. Per 70 anni, hanno calcolato i tecnici che continuano a scavare. «Qui tutto il sistema Italia non ha funzionato per decenni», aggiunge rammaricato. 

Poi certo ci sono anche gli abusi edilizi che però spiegano tutto e niente. Basta inerpicarsi sul pianoro del Celario dove la frana ha ucciso 10 delle 12 vittime in un colpo solo. Due intere famiglie perché la forza d’urto di fango e acqua è stata così violenta abbattendosi prima di defluire a valle che ha piegato anche putrelle in ferro spesse diversi centimetri. Figuriamoci le case di queste due famiglie: sono rimasti solo brandelli di pavimento e su uno è stata alzato una sorta di cappella per le vittime. Ebbene qui, questa zona, era classificata come zona bianca: senza alcun vincolo. Sulla carta, insomma, era sicura eccome. Mentre le terme alla foce degli alvei, costruite ai primi del ‘900 e abbandonate da anni, risultano intoccabili per vincoli storici. Inagibili, sventrate sono ancora lì e nessuno sa per quanto ancora. 

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Con il pericolo che ora tutto s’intoppi nonostante il Commissariato di governo ha avuto, e usato, procedure speciali. Il Comune di Casamicciola infatti ha depositato il ricorso al Tar (si discute martedì) con cui chiede l’annullamento del decreto con cui l’Autorità di Bacino ha varato il nuovo piano di assetto idrogeologico della cittadina termale. «Sono stato costretto perché quel piano non solo ha allargato a dismisura la zona rossa ma ha in pratica bloccato la ricostruzione. Con Legnini abbiamo lavorato benissimo, tutto è filato liscio ma ora si ferma tutto: nemmeno le case si possono ricostruire e neppure demolire. E si stoppa pure il piano della Regione. Sono cose dell’altro mondo....», spiega Giosi Ferrandino, europarlamentare di Azione e da maggio sindaco di Casamicciola che per un attimo sulla questione perde il suo naturale aplomb. E senza ricostruzione si ferma tutto in questo comune dove ci sono ancora 100 sfollati che vivono in albergo. Con l’unica consolazione: «A giugno pur tra mille difficoltà sono tornati i turisti e l’estate è stata quasi normale». Quasi. 

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