Pozzuoli, i baby boss si pentono: minacciati su Tik tok

Si tratta dei capi della banda delle Reginelle

L'omicidio di Luigi Mattera nel 2016
L'omicidio di Luigi Mattera nel 2016
di Gennaro Del Giudice
Mercoledì 25 Ottobre 2023, 00:00 - Ultimo agg. 16:56
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Appena arrestati si sono subito pentiti. Quattro «camorristi in erba» che sognavano di diventare boss hanno manifestato la loro volontà di collaborare con la giustizia per chiudere con il passato fatto di spaccio droga, estorsioni e sparatorie. Sono i capi della «banda delle Reginelle», giovani finiti in manette il 2 ottobre scorso nel quartiere di Monterusciello, tra i palazzi popolari diventati roccaforte di una nuova organizzazione criminale che sfidava con sfrontatezza e ferocia la vecchia camorra puteolana. Contro di loro, contro la decisione di collaborare, è subito partita su TikTok la gogna social da parte degli ambienti criminali puteolani. 

Si tratta di Luigi Sannino, 24enne, nipote di Gennaro Sannino e Ferdinando Aulitto, ras di Monterusciello; il fratello Umberto Sannino, 20 anni; il cognato, Gennaro Dello Iacolo, 23 anni, figlio del capo piazza del clan Ferro, Pasquale Dello Iacolo. Con loro era stato arrestato anche Ciro Scognamiglio, 45 anni, il veterano del gruppo che nel proprio curriculum vanta affiliazioni ai boss Gennaro Longobardi e Gaetano Beneduce.

Dopo gli arresti, eseguiti dai carabinieri del nucleo operativo della Compagnia di Pozzuoli in seguito a decreti di fermo emessi dal Gip di Napoli su richiesta della Dda, hanno deciso di abbattere il muro dell’omertà e uscire da quella zona grigia in cui sono finiti seguendo anche le orme criminali di genitori e familiari. Da qui la genesi del cartello Sannino-Dello Iacolo, effetto collaterale della «camorra liquida» che continua a generare bande poco longeve. 

Messi in sicurezza i familiari più stretti, i magistrati hanno iniziato a sentire i quattro secondo l’iter riservato ai pentiti che dichiarano la disponibilità a collaborare: nei prossimi sei mesi saranno chiamati a raccontare tutto ciò di cui sono a conoscenza, fatti rilevanti e inediti, e a fornire nomi e riscontri oggettivi anche al fine di verificare la loro credibilità. Salgono così a dodici gli affiliati che hanno deciso di passare dalla parte della giustizia negli ultimi tre anni, allungando la lunga schiera che annovera i capi clan Procolo Pagliuca detto Lino e Antonio Ferro; Silvio De Luca, Gennaro Alfano, Gennaro Gaudino, Francesco Loffredo, Salvatore Artiaco e Antonio D’Oriano. Dai loro racconti si cerca anche di fare luce sugli intrecci malavitosi e su una serie di fatti di sangue ancora irrisolti: su tutti gli omicidi del broker della camorra Luigi Mattera ucciso a Varcaturo nel 2016; di Carmine Campana a Licola nel 2010 e della guardia giurata Giuseppe Minopoli, ucciso nel 2008 nel tentativo di sventare una rapina. 

I nuovi quattro pentiti hanno nuovamente cambiato gli equilibri nello scacchiere geo-camorristico flegreo dove prende ulteriormente quota il gruppo de «gli amici del bivio», ala del clan Longobardi storicamente legata al boss di Quarto Salvatore Cerrone detto «o’ biondo», anche alla luce dei recenti arresti fatti a Monterusciello e Toiano.

Contro i fratelli Sannino, Dello Iacolo e Scognamiglio è scattata anche la gogna mediatica attraverso un video postato su TikTok: ai volti è associata una canzone che accusa i pentiti: «Quando stanno fuori sono tutti mafiosi, quando stanno chiusi iniziano a cantare. E più passano i giorni e più nascono i pentiti» recita il testo cantato da Gianni Celeste.

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Stesso trattamento è stato riservato poche settimane anche a Lino Pagliuca, insieme al padre e alla madre a capo dell’omonimo clan che nel primo decennio degli anni duemila si alleò con i Longobardi e i Sarno di Ponticelli: sempre su TikTok sono stati pubblicati una serie di video, montati ad arte utilizzando le foto postate dalla moglie, in cui Pagliuca è ritratto in momenti di vita quotidiana nella località protetta in cui si trova. Le immagini sono accompagnate da insulti e minacce di morte. Modus operandi adottato dai rivali o dagli ex sodali di Gennaro Alfano, altro pentito bersagliato sui social.

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