Napoli, chiuso il Circolo Artistico Politecnico: «Infiltrazioni e cedimenti, è colpa della Regione»

Napoli, chiuso il Circolo Artistico Politecnico: «Infiltrazioni e cedimenti, è colpa della Regione»
di Paolo Barbuto
Martedì 15 Dicembre 2020, 08:00
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L'altro giorno, durante uno dei temporali violenti che ha travolto la città, al Circolo Artistico Politecnico di piazza Trieste e Trento sono arrivati i vigili del fuoco: le infiltrazioni abituali si sono trasformate in scrosci d'acqua all'interno della struttura. È stato necessario inibire l'accesso al magnifico salone Caravita di Sirignano perché il pericolo di cedimenti dall'alto è diventato troppo grande. Bisogna chiudere finché non si sistema la situazione delle infiltrazioni.

La questione va avanti da anni.

C'era già prima del 2015 quando venne detto all'Associazione (che adesso è diventata Fondazione) che il problema dell'acqua era stato risolto. Vennero effettuati lavori di risistemazione ma, dopo qualche mese, l'acqua ricominciò a piovere all'interno del Circolo Artistico Politecnico.

Quel che sta accadendo lì dentro lo vedete nelle fotografie pubblicate al centro di questa pagina, controsoffitti che vengono giù, muri devastati dall'umidità, opere d'arte incartate e protette per evitare che finiscano travolte dai cedimenti dal soffitto. C'è grande preoccupazione pure per gli affreschi che, per adesso, sembrano resistere ma non sarà così a lungo, e prima o poi cederanno a quell'acqua che arriva da tutte le parti e travolge ogni cosa. 

Qual è il motivo delle infiltrazioni? Come in ogni condominio ci sono responsabilità condivise fra gli inquilini dei piani superiori e l'amministrazione che ha la responsabilità per una parte delle terrazze (che sono le principali imputate per i guai al circolo sottostante). Eppure, in questo caso, la questione non riguarda le consuete beghe condominiali che si manifestano in assemblea: stavolta nessuno litiga perché non vuol rimediare a un guaio d'infiltrazione. Non c'è possibilità di litigare, perché il proprietario dell'immobile travolto dall'acqua non si presenta nemmeno alle assemblee e, di fatto, paralizza ogni decisione, comprese quelle che servirebbero a risolvere il guaio al suo stesso appartamento.

Il proprietario che diserta le assemblee è la Regione Campania che da qualche anno ha rilevato la proprietà dell'associazione, oggi trasformata in Fondazione, che gestisce il museo polivalente nato nel 1888 e oggi dotato di sei sezioni: pittura, scultura, biblioteca, fototeca, archivio storico, arredi e strumenti d'epoca.

Dovrebbe essere il servizio patrimonio di Santa Lucia ad occuparsi di quel bene rilevato nel 2014 che, peraltro, con l'avanzare delle infiltrazioni perde sempre più valore. «Non mi stanco di scrivere a quegli uffici - sospira il presidente della Fondazione, Adriano Gaito - anche se di risposte non me ne arrivano e la situazione qui è sempre più drammatica».

Gaito mostra con dolore ogni singolo spazio del circolo, conosce ogni dettaglio di questa vicenda imbarazzante che si trascina da anni e coinvolge un'istituzione culturale della città senza che nessuno senta il dovere di intervenire: «Mi trovo in difficoltà anche di fronte all'amministratore del condominio il quale mi spiega che i lavori per cancellare le infiltrazioni, peraltro stabiliti dalla sentenza di un giudice, non possono essere effettuati perché in assemblea manca sempre il voto del proprietario dell'immobile, la Regione Campania».

Per adesso le uniche contromisure si sono manifestate con lo spostamento delle opere d'arte in zone meno colpite dall'acqua, anche se gli spazi sono ristretti. Pure sulla questione degli spazi c'è un conto in sospeso con palazzo Santa Lucia: «Nel 2014, quando firmammo la transazione - spiega il presidente Gaito - in cambio della rinuncia alla proprietà dell'immobile, la Regione accettò di provvedere al restauro della porzione di appartamento non utilizzabile perché inabitabile. Sono trascorsi oltre sei anni dalla stipula - allarga le braccia Gaito - e l'ufficio patrimonio della Regione non ha fatto nulla. Ha sempre dichiarato che non ci sono risorse disponibili. Così noi stiamo in spazi ristretti sotto l'acqua che gronda e rinunciamo a 400 metri quadri perché la Regione non mantiene ciò che ha promesso e firmato». 

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