Ida Di Benedetto e Giuliano Urbani rapinati in casa a Napoli: «Bellezza malata, indecisa se rimanere qui»

«Gridavo aiuto ma niente! E certo, hanno paura di essere coinvolti. La camorra... perché qui, dove abito io, c'è la camorra»

Ida Di Benedetto
Ida Di Benedetto
di Luciano Giannini
Sabato 23 Settembre 2023, 08:00 - Ultimo agg. 24 Settembre, 08:54
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È il j'accuse addolorato di una donna - e di un'artista - passionale, ribelle, battagliera, che ama la propria città, ma non può fare a meno di condannarla: «Ora basta! Da quando sono tornata a Napoli è il terzo furto che io e mio marito subiamo. Prima l'auto; una seconda volta sono entrati in casa, mentre eravamo fuori, e ci hanno preso tutto; gioielli, bijotteria, argento. Martedì scorso sono tornati, stavolta stavamo dormendo, e hanno portato via quel che era rimasto; l'iPad, i telefoni, qualche orologio. Ma, quel che è peggio, mi hanno chiusa dentro. E io soffro di claustrofobia». Ida Di Benedetto si sfoga e denuncia. L'attrice cara a Piscicelli, Schroeter, Lizzani, Loy, Monicelli (sarà nei cinema a ottobre col film «Gli altri», di cui è protagonista), è tornata a vivere a Napoli, pur senza abbandonare la casa romana: «Ma è piccola. Ora ho un marito, l'ex ministro Giuliano Urbani e insieme decidemmo di affittare un appartamento più ampio alla Riviera di Chiaia, di fronte alla villa comunale e al mare che amo».

Ida, ha detto che l'hanno chiusa dentro.
«Non me ne parli.

Non riesco più a dormire. Ho crisi di panico, prendo tranquillanti, ma è dura... Fatemi tutto, ma non imprigionatemi, perché impazzisco».

Racconti.
«È l'alba. Nel dormiveglia ho l'impressione di vedere un'ombra. Penso sia Giuliano. Mi alzo e vado nella sua camera. Lo chiamo. Non risponde. Mah... si sarà riaddormentato. Rientro nella mia. Un attimo e sento dietro di me la porta che sbatte con violenza e un giro di chiave. Non capisco più nulla. Prendo una scarpa e tento di rompere il vetro. Niente. Allora corro sul balcone: “Aiuto, aiuto, aiuto”. Sembra la scena di un film. Grido con tutto il fiato che ho in corpo, e ne ho. Ho recitato in grandi teatri, ho fatto Medea e Clitemnestra, e mi sentivano ovunque».

Nessuno l'ha soccorsa?
«Non solo. Nessuno del palazzo ha bussato, né quella mattina, né dopo... “Ci dispiace, vi serve qualcosa?”. Niente! E certo, hanno paura di essere coinvolti. La camorra... perché qui, dove abito io, c'è la camorra».

O forse soltanto micro-criminalità.
«Eh! La chiami micro! Per fortuna, una signora che era in villa comunale mi ha notato e, tra un urlo e l'altro, è riuscita a dirmi: si calmi, si calmi, ora avviso io».

Risultato?
«Sono arrivate le forze dell'ordine e mi hanno finalmente aperto».

Poi?
«Le solite domande che si rivolgono in questi casi, ma non è questo il problema».

E qual è?
«Io denuncio la città. Denuncio quel che accade dentro. E nessuno se ne frega. Aveva ragione il mio amico Pino Daniele: chesta è 'na carta sporca e nisciuno se ne mporta. Furti, rapine, omicidi, violenze, cattiveria; e a munnezza mmienz''a via, le orde di ragazzini abbandonati, con facce trucide, sfacciati, aggressivi, che ti vengono addosso, con i motorini, sui marciapiedi; tante piccole-grandi forme di inciviltà, sopruso, mancanza di rispetto, che ogni giorno sopportiamo. Cosa è cambiato in questa città? Basta l'invasione dei turisti, che l'hanno scoperta, per assolverla? Ricordo il romanzo di La Capria...».

«Ferito a morte».
«Esatto. Proprio così. Ferita a morte. E dire che io la amo Napoli. Tanto da tornare a vivere qui. Prima, quando stavo a Roma, ogni tanto scendevo per incontrare mia madre. E trovavo il tempo per passeggiare lungo via Caracciolo e annusare il profumo del mio mare. Raccoglievo un po' della sua acqua in una bottiglietta e me la riportavo a Roma. Anche il mio nuovo film, “Gli altri”, un thriller psicologico di Daniele Salvo, con Peppe Servillo, Gianfranco Gallo, Gioia Spaziani, è tratto da un romanzo di Michele Prisco e ambientato all'ombra del Vesuvio. Ma ora... ora quest'amore è... contaminato. Napoli è una bellezza malata. E nessuno si ribella al suo male. Io non la riconosco più... Sa, ho sempre preferito il suo popolo alle contesse e ai baroni».

Perché?
«Era più onesto. Soprattutto più vero. Ma ora? Dov'è finita la lezione delle Quattro giornate? Il primo popolo in Europa capace di cacciare i tedeschi senza l'intervento degli alleati. “Ch'è succieso?” E le istituzioni? Uccidono un ragazzo e comincia il coro delle lacrime e dell'ipocrisia. Ma chi deve muoversi - e fare - sa. E allora? Perché non si muove e non fa? Non può? Mi dà rabbia...».

Che cosa?
«È... è come se la città non fosse governata da nessuno, mentre noi conviviamo con la criminalità. Quanti ragazzi crescono in questo clima, e crescono male? La Meloni non andasse soltanto a Caivano, venisse anche da noi».

Ora? Seguirà l'invito di Eduardo: fujtevenne?
«Io andrei via, ma Giuliano si è innamorato di Napoli e non è un ribelle come me, ma un politico, un bocconiano emerito, di grande cultura. E i politici sanno che le cose non cambiano. Dovrò decidere... Certo, è difficile lasciare la bellezza... una bellezza che Napoli ha gettato via... difficile lasciare il mare. Sì, posso trovarlo altrove, ma è diverso. Io questo mare ce l'ho dentro. E ho bisogno di respirarlo». 

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