Le sfide dei monti Lattari: Sant'Egidio contro Pagani, Erchie preferisce Cetara

«Vogliamo decidere noi, dove e con chi vogliamo stare»

Erchie, borgo di ex pescatori della Costiera amalfitana
Erchie, borgo di ex pescatori della Costiera amalfitana
di Adolfo Pappalardo
Domenica 11 Febbraio 2024, 09:00 - Ultimo agg. 18:30
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Una storia di confini e ripicche che nemmeno le beghe condominiali. E un'altra di rivendicazione, sempre territoriale, che infiamma un borgo marinaro della costiera amalfitana. E, ancora, un fleximan che di notte non sega autovelox come al Nord ma, qui al Sud, solo cartelloni comunali. Al di qua e al di là dei monti Lattari ci sono due conflitti che stanno esasperando animi e, soprattutto, mettendo in guerra almeno quattro comuni. Due match ad oggi irrisolvibili e che rimettono la palla ora alla Regione: un referendum. Anzi i referendum. «Vogliamo decidere noi, dove e con chi vogliamo stare», dicono a Nord e a Sud dei Lattari, in maniera univoca ma geograficamnete speculare. Altro che Autonomia differenziata, qui la guerra si fa anche per mezzo ettaro di terra.

Erchie è un borgo di ex pescatori della Costiera amalfitana, anche se non ha il glamour di Positano o Amalfi. Appena una settantina di residenti, qualcuno dice meno di 50 veri, che d'estate si moltiplicano sino a diventare un fiume umano di 5mila persone al giorno. D'inverno, invece, infonde un senso di abbandono: gozzi ammarrati sulla spiaggia e due salumerie che aprono solo di mattina. Ma sono però un presidio sociale. Poi nulla. Anche la messa si dice solo la domenica mattina, il resto della settimana invece la chiesa è sbarrata. Come la vita di chi vive qui: la maggior parte anziani ed appena due bambini. Per la scuola, il medico e il pediatra si spostano, anche a piedi, a Cetara. Ma il comune a cui appartengono è quello di Maiori: quasi 9 chilometri che sono un inferno ogni volta che devi fare un certificato o una commissione allo sportello postale. Quando a Cetara, invece, ci puoi arrivare comodo pure via mare in pedalò. «Siamo cetaresi a tutti gli effetti. Speriamo nel referendum: vogliamo decidere noi con chi stare», spiega Luigi Di Bianco, ex ufficiale dell'Esercito in pensione che è nato qui e vi si è stabilito dopo la quiescenza. È uno dei promotori del comitato «Uniti per Erchie» che fa pressing per questo voto popolare e staccarsi dall'odiata Maiori. «Siamo isolati, da quel comune non riceviamo alcun servizio: abbandonati a noi stessi. Non ci sono telecamere, lo spazzamento è inesistente ed un vigile urbano lo vediamo solo per mezz'ora al giorno d'estate, se va bene. Non si è mai visto qui un assessore di Maiori: perché dobbiamo continuare a stare con loro?». «Mia figlia va all'asilo a Cetara, lo scuolabus pure ma prende prima i bambini residenti e il nostro medico è lì. E anche il postino lascia tutto in giacenza all'ufficio di lì e non a Maiori», aggiunge Joelle Senatore che ogni giorno fa la spola con Cetara e deve chiedere la cortesia a un casco bianco di poter accedere in centro anche se non è residente. «Ma è come se lo fossimo», aggiunge e rincara con una domanda retorica: «Perché quindi rimanere con Maiori?». E poi un dettaglio non da poco che da queste parti, però, fa la differenza come racconta Luigi Montesanto, 38enne, che gestisce il parcheggio: «Alla processione della madonna dell'Assunta, il 14 agosto, subito dietro la statua c'è il sindaco di Cetara, quello di Maiori invece non l'abbiamo mai visto».

Come fosse un peccato mortale, insomma. 

Ovviamente proprio il sindaco di Maiori, il democrat Antonio Pagano non ne vuole sapere: «Erchie è stata sempre di questo territorio comunale: se si staccano da noi i nostri avi si rivolterebbero nelle tombe...». Addirittura. «Per questo - aggiunge - spero che la Regione non supporti la richiesta di questo referendum». Poi promette: «Ci attiveremo per dare più servizi al borgo. Dalle telecamere a spiagge libere come era 50 anni fa. Ma con Cetara mai, andremmo contro la storia». «Capisco il dispiacere del collega ma loro per tutti i servizi si appoggiano qui: è solo un fatto di comodità», ribatte Fortunato Della Monica, primo cittadino di Cetara. Dem e deluchiano come il collega vicino. E se si annettessero al suo comune? «La maggior parte sono originari di qui: certo che mi farebbe piacere».

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Più complicata, anzi quasi inestricabile, invece la vicenda della zona di Orta Loreto contesa dai comuni di Sant'Egidio Montalbino e Pagani. Nodo che qualcuno fa risalire ad un errore delle norme napoleoniche, siamo appena nel 1806, poi corretto dal Duce in persona, e poi di nuovo scoppiato qualche anno fa. Con 1.200 residenti e alcune aziende sinora ufficialmente residenti nel primo comune ma rivendicati a colpi di carte bollate al vicino Municipio di Pagani. Il risultato? «Vivono in una sorta di purgatorio, di limbo: se qualcuno di loro vuole chiedere una licenza edilizia, che sia una casa o un'impresa non può farlo», spiega sconsolato il sindaco meloniano di Sant'Egidio, Antonio La Mura. Aveva provato a metterci una pezza palazzo Santa Lucia con una norma transitoria secondo cui questi residenti avrebbero potuto fare domanda al Comune di Pagani ma l'istruttoria tecnica sarebbe stata supervisionata dal municipio di Sant'Egidio. Ma il Puc di quest'ultimo comune è stato impugnato al Tar, dal comune di Pagani guarda caso, e si è tornati di nuovo di partenza. Nel frattempo, però, si susseguono le ripicche. Non solo il fleximan che, nottetempo, va tagliando la nuova segnaletica di Pagani nell'area contesa ma anche i dispetti tra i due primi cittadini. «Proprio ieri hanno installato i cartelloni pubblicitari sul nostro territorio e continuano a chiederci le liste elettorali, come se i miei concittadini fossero cose», dice La Mura. Ma ha consegnato gli elenchi? «Ma non ci penso proprio. Il tempo di fare i conti...», si giustifica. Che conti? «In quell'area abbiamo edificato una scuola, una strada e la pubblica illuminazione. Sono almeno 5 milioni di euro: e se - aggiunge - non tirano fuori i soldi, io non tiro fuori le liste». Anche qui, indovinate quale sarebbe la soluzione? «Vogliamo il referendum», dice il sindaco di Sant'Egidio mentre il collega di Pagani Raffaele Maria De Prisco lo bolla come «improponibile», forte di un'ultima sentenza dei giudici che avrebbe dovuto mettere la parola fine a tutto. «Il problema vero - aggiunge Nunzio Carpentieri, consigliere regionale ed ex sindaco proprio del comune che dovrebbe perdere un pezzo - è che, sentenze a parte, questo territorio conteso, a parte il ventennio fascista quando fu annesso ad Angri e non certo a Pagani, è stato amministrato per 200 anni da Sant'Egidio». Da qui l'idea di un referendum in cui decidano i cittadini. Già ma chi? I residenti, o meglio i votanti, di una, entrambe le cittadine o solo di chi risiede nel territorio conteso? Chi deve votare, insomma? Si attende che palazzo Santa Lucia recepisca, con un passaggio in Consiglio, una sentenza della Corte Costituzionale del 2018 che disciplina il concetto di confini tra comuni e quale debba essere, in questi casi, la platea dei votanti. Per capirci una materia talmente complicata che i più illustri costituzionalisti, codici alla mano, ancora discutono tra loro. Ci riusciranno invece sui monti Lattari? 

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