Napoli, agguato in corso Lucci: «C’è troppa omertà, interrogare i negozianti»

Il fratello del 18enne ferito di striscio: «Papà togli le telecamere dal garage»

L'agguato a Corso Lucci
L'agguato a Corso Lucci
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Martedì 23 Gennaio 2024, 23:56 - Ultimo agg. 25 Gennaio, 07:21
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Quando ha capito che non lontano dalla strada di casa, a due passi dall’impresa familiare, era scoppiato l’inferno, ha fatto una telefonata stretegica. Una telefonata che ha un chiaro obiettivo, quello di ostacolare le indagini, magari renderle meno spedite. È stato questo il motivo che ha spinto il fratello della vittima a fare una telefonata al padre: «Papà, togli l’HD». Tradotto in parole più dirette: togliamo le telecamere dal garage. Sono le 22.03 di mercoledì 17 gennaio scorso, nei pressi di corso Lucci, quando la Dda registra la telefonata di Luca Moffa al padre.

Omertà a fette, da queste parti. E il fratello del ragazzo ferito che chiede al padre di togliere le telecamere dal negozio non è l’unico soggetto poco collaborativo, a leggere le carte delle indagini.

Stando infatti alle ultime mosse della Procura di Nicola Gratteri, la Dda ha delegato indagini mirate in corso Lucci, finalizzate a interrogare tutti i commercianti della zona, di fronte all’impossibilità logica che nessuno abbia visto niente, che nessuno abbia immagazzinato neppure un particolare di fronte a quello sfoggio di violenza criminale.

Ma torniamo alla telefonata in casa Moffa. Torniamo alla telefonata captata dalla Dda di Napoli. Poche ore prima di quella conversazione (erano le 22.03), il fratello di Luca era rimasto ferito (miracolosamente) di striscio. Tra le 18.20 e le 18.35 un commando di otto killer ha esploso almeno 81 colpi esplosi. Storia nota, almeno per quanto riguarda gli effetti: viene ferito Nicola Giuseppe Moffa, fratello del ragazzo che fa la telefonata preventiva al padre, mentre viene colpita per caso anche una donna, che finisce con ferite gravi in ospedale. 

Una vicenda che va riletta alla luce degli atti depositati in questi giorni. Sono le 22.03, dunque, quando - dopo essersi sincerato del fatto che il fratello di 18 anni se l’era scampata (appena ferito di striscio) -, c’è chi pensa a smantellare l’impianto di videosorveglianza all’interno dell’autorimessa di famiglia. Tutti sembrano avere le idee perfettamente chiare, dal momento che sotto il cono delle telecamere potrebbero essere state registrate delle scene compromettenti, immagini che potrebbero smentire anche la versione resa del 18enne ferito che, di fronte agli inquirenti, ha raccontato che sarebbe stato vittima della tentata rapina di un rolex. 

Omertà intercettata in presa diretta, che - a ben vedere - investe un intero spaccato metropolitano, come emerge dall’ultimo step investigativo firmato dalla Procura di Napoli. È di ieri infatti la decisione dei pm di delegare alla Squadra Mobile di Napoli interrogatori e verifiche a tappeto lungo l’intero corso Lucci, lungo via Toscano e nelle stradine a ridosso della zona dove sono state esplose decine e decine di colpi. Una strategia investigativa che parte da una domanda: possibile che nessuno abbia visto niente? Possibile che, nonostante l’inferno di spari e paura si sia abbattuto intorno alle 18.30 (pieno orario di punta) nessuno ha raccontato niente? Omertà a fette. Inchiesta condotta dai pm anticamorra Maria Sepe e Antonella Serio, sotto il coordinamento del pm anziano Rosa Volpe e dello stesso procuratore Gratteri, chiara la strategia investigativa: in queste ore tocca agli uomini della Mobile (guidata dal primo dirigente Alfredo Fabbrocini), bussando alle porte di commercianti e imprenditori che lavorano nella zona dell’ultimo far west metropolitano.

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Un modo per ricostruire la dinamica dell’agguato che, anche alla luce degli arresti di questi giorni, lascia irrisolti alcuni punti interrogativi. C’è stato un solo agguato? O ci sono stati due momenti? C’è stato prima l’agguato, poi l’esplosione dei colpi a scaricare le pistole o qualcuno ha replicato al fuoco? Al momento sono finiti in cella cinque presunti responsabili del possesso di due armi, vale a dire Angelo Esposito, Gennaro Leone, Giuseppe Marigliano (alias Cavallo pazzo), Ovalle Jennssi Ortega, Antonio Sorrentino, in uno scenario che vede indagati anche altri tre soggetti (sono difesi dai penalisti Giuseppe De Gregorio, Carlo Ercolino, Leopoldo Perone). Verifiche in corso sulle due pistole sequestrate dalla Mobile, in uno scenario in cui si attende uno straccio di testimonianza da parte di passanti, residenti e commercianti. 

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