Minori, l'affondo dei magistrati napoletani: ​«Basta campagne social»

In campo Anm e vertici del Tribunale: «I processi devono restare in aula»

Giustizia minorile, la polemica
Giustizia minorile, la polemica
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Martedì 7 Novembre 2023, 00:00 - Ultimo agg. 19:00
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Due comunicati: uno firmato dai vertici del Palazzo di giustizia napoletano (il presidente del Tribunale Elisabetta Garzo e il presidente di Corte di Appello Eugenio Forgillo); un altro firmato dal segretario della giunta distrettuale dell’Anm, il magistrato Cristina Curatoli. Due documenti per esprimere un concetto su tutti: stop alle pressioni mediatiche sul lavoro dei giudici; basta campagne stampa organizzate attraverso i canali social contro il lavoro dei giudici. Un modo diretto - da parte dei vertici della magistratura napoletana - per riportare il processo all’interno dell’aula di giustizia, soprattutto quando si affrontano questioni legate alle cosiddette fasce deboli.

Lunedì mattina, si muovono i vertici della magistratura associata e degli uffici del Centro direzionale, in relazione a quanto avvenuto in alcuni processi in cui i giudici - al termine di complesse istruttorie - hanno deciso di intervenire sulle dinamiche dei rapporti all’interno di nuclei familiari difficili.

In sintesi, a scatenare la reazione dei magistrati sono stati alcuni commenti a mezzo stampa in relazione a provvedimenti assunti in Tribunale e in Corte di appello.

Di recente, i giudici napoletani hanno disposto il collocamento in una casa famiglia di un bambino di 8 anni, figlio di genitori separati, per altro al centro di ipotesi di molestie sessuali che sarebbero state consumate proprio all’interno del domicilio domestico. Una decisione sofferta, come sempre accade in materia di fasce deboli, figlia dell’esigenza di salvaguardare l’interesse preminente del minore, rispetto alla quale è scattata una sorta di rappresaglia mediatica. Su alcuni organi di stampa (ma anche canali social) si sono mossi associazioni e legali, con l’obiettivo di stigmatizzare quella che viene definita «violenza istituzionale». 

 

Ma non è solo un caso isolato a sollevare la replica dei magistrati. In più occasioni, c’è chi rivendica centralità per una sorta di processo extragiudiziario, buono a sostituire il lavoro dei giudici. Scrive il segretario Cristina Curatoli: «Da alcuni mesi si assiste ad una campagna di pressione mediatica ad opera di alcuni centri antiviolenza, associazioni e diversi soggetti impegnati nel sostegno e nel supporto delle donne e minori vittime di violenza, tramite la diffusione di appelli, dichiarazioni di singoli esponenti, comunicazioni alle istituzioni, nonché al Tribunale alla Corte di appello di Napoli». Qual è il punto? «Una campagna mediatica che ha il fine di promuovere un modello di azione extragiudiziale». E ancora. Al netto del rispetto della libertà di opinione e del diritto di cronaca, i magistrati della giunta della Anm insistono su un punto: «Si esprime preoccupazione nei confronti di comportamenti tesi a condizionare il merito di provvedimenti giurisdizionali e che si caratterizzano per l’interferenza ingiustificata nel sereno ed effettivo esercizio del’attività giurisdizionale del Tribunale e della corte di appello». 

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Ma sono proprio gli uffici guidati dal presidente Garzo e Forgillo ad insistere su un punto: «Nei non frequenti casi da ultimo rilevati, i contenuti di tali suggestive forme di comunicazione tendono ad offrire l’opinione pubblica la falsa e ingannevole rappresentazione di una certa permeabilità degli uffici giudiziari, rispetto agli orientamenti suggeriti da parte di alcuni comitati autoproclamatisi più accreditati di altri, quasi a rivendicare una funzione correttiva sulle decisioni emesse nel corso dei procedimenti». Il riferimento in questo caso riguarda il post di una professionista legata ad una associazione, nel corso del quale si sosteneva la sua capacità di costruire un percorso alternativo ai processi trattati in aula. Spiegano i vertici del Palazzo: «Smentiamo qualsiasi forma di interferenza diretta o indiretta nella emissione di provvedimenti giurisdizionali da parte di chicchessia». Un intervento che punta a spegnere fronti polemici, alimentati soprattutto dai canali social, ma anche a ricondurre l’attenzione sulla dialettica giudiziaria nelle aule di un tribunale. 

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