Ordine avvocati di Napoli, parla l'ex presidente: «Ecco la verità sul buco milionario»

Antonio Tafuri: «È impossibile che si creino fondi neri con la distrazione delle rette annuali»

Antonio Tafuri
Antonio Tafuri
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 17 Agosto 2023, 00:02 - Ultimo agg. 18 Agosto, 07:35
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Avvocato Antonio Tafuri, da ex presidente del Consiglio dell’Ordine, come considera la doppia indagine (contabile e penale) sul buco milionario riscontrato a fine 2022 nelle casse dell’ente? 

«Le indagini sono in corso, ovviamente tutto deve essere accertato. Considero doveroso che le indagini si concentrino su ogni aspetto in grado di fare chiarezza. Ci tengo però, come premessa, che dal mio punto di vista - quello di un ex presidente che ha avuto un ruolo politico e non tecnico contabile -, non ho avuto notizia dai redattori e revisori né alcuna percezione di irregolarità nella elaborazione del bilancio. Reagisco quindi negativamente rispetto ad alcune ipotesi rilanciate da Il Mattino nell’articolo pubblicato lo scorso 14 agosto». 

Ha le idee chiare l’ex presidente dell’Ordine degli avvocati, che - nell’autunno di un anno fa - sollevò nel corso di una adunata consiliare la questione legata al buco di un milione e duecentomila euro, dopo una segnalazione della Agenzia delle entrate. Ripercorre con Il Mattino il lavoro svolto e analizza le possibili criticità esistenti, all’indomani della notizia di un vertice tra pm ordinario, pm contabile e finanzieri, per valutare, tra l’altro, anche ipotesi distrattive del gettito delle rette annuali versate dagli avvocati nel corso degli anni.

Come considera questa possibilità al vaglio degli inquirenti?

«Non mi risulta possibile creare fondi neri dalla distrazione delle rette annuali. Vede, il meccanismo della contabilizzazione delle entrate mi porta ad escludere questa ipotesi».

Ci può spiegare questa possibilità?

«I soldi delle rette vengono immediatamente contabilizzati. Mi riferisco a qualunque tipo di pagamento (in contanti e alla cassa o tramite sistemi elettronici).

Tutto viene immediatamente contabilizzato in due software: quello della cassa e della contabilità; il pagamento della quota viene anche abbinato al soggetto che ha pagato in modo manuale. Ritengo pertanto impossibile che si trovi un iscritto per il quale i soldi versati non sono stati contabilizzati».

Di questo ne ha contezza direttamente?

«Una riprova l’abbiamo avuta nei mesi di novembre e dicembre del 2022, quando in occasione delle convocazioni a circa 3mila avvocati per le morosità pregresse, nessuno ha riscontrato che i pagamenti eseguiti in passato non risultavano contabilizzati. Non si è mai realizzata una circostanza del genere. Al massimo si è verificata talvolta la mancata registrazione di pagamenti fatti alle Agenzie delle entrate, ma si tratta di difetti di comunicazione, tra enti. Ma tutto è stato sempre contabilizzato». 

Mai nessuna difformità?

«Ricordiamoci che c’è un addetto alla cassa; viene rilasciata ricevuta, poi c’è un addetto all’abbinamento in favore degli iscritti; infine, ci sono i conti correnti. Tutto viene contabilizzato. Immaginare che si possano creare fondi neri con i pochi contanti che sarebbero distratti è una ipotesi che, per quanto mi consta, non troverà mai alcun fondamento. Chi paga, ha la ricevuta». 

Bene, allora può aiutarci a capire, nei limiti del possibile, qual è stata l’origine del buco nelle casse degli avvocati?

«Io credo che sul fronte delle entrate non ci sia stata alcuna irregolarità. Il problema, secondo quanto ho capito, è soprattutto un problema di sostenibilità, ovvero fare fronte a quelle che erano le spese istituzionali correnti insieme a quelle fiscali e previdenziali».

Lei crede che ci sia stato dolo da parte di qualcuno, magari nel non segnalare queste difficoltà di sostenibilità?

«Non posso qualificare eventuali intenzioni, questa è una competenza delle Procure al lavoro. È chiaro che la situazione era a conoscenza di chi curava gli adempimenti fiscali, ma - ripeto - non mi esprimo su intenzioni, retroscena e motivazioni».

Si è mai spiegato per quale motivo non è arrivata una segnalazione da parte degli organi di controllo, nel corso dei quattro anni di presidenza?

«Non so darmi una risposta. Non riesco a capire, con il senno di poi, posso solo dire che l’unico errore che ho fatto, è stato quello di fidarmi di chi avrebbe dovuto avvisarmi dopo gli accertamenti previsti con scadenze formalmente agli atti».

Secondo lei, questo è uno dei temi da approfondire per i pm?

«Sulle indagini e sulle verifiche in corso non mi esprimo. Di sicuro ho dato la mia collaborazione e ho offerto tutti i documenti a mia disposizione e i contributi utili alle verifiche». 

Ma è possibile che non le sia mai stata segnalata alcuna criticità?

«A noi questa incapacità di sostenere le spese istituzionali correnti non è stata mai prospettata. Né abbiamo mai avuto questa percezione. Quando ho appreso l’esistenza del problema ho posto la questione ai colleghi consiglieri con la massima trasparenza possibile. Una trasparenza che è stata cavalcata da parte di qualcuno che ci ha costruito un motivo di propaganda personale». 

Ha pagato un prezzo politico alto, non ricandidandosi.

«Ribadisco che la mia decisione di non ricandidarmi era stata già presa in precedenza. Il prezzo politico che mi addolora di più è che il consiglio che ho presieduto venga ricordato con questo evento e non per le tante cose fatte sia da un punto di vista politico che amministrativo e che hanno caratterizzato il mio mandato. Sono molto orgoglioso, ad esempio, di come è stata gestita la fase del Covid, a stretto contatto con le istituzioni del distretto di corte d’appello e credo che l’Avvocatura abbia rappresentato un faro nella società civile napoletana». 

Torniamo alla questione contabile, di recente il nuovo consiglio dell’ordine ha affidato a una società esterna le verifiche contabili. Qual è il suo giudizio?

«Da semplice iscritto all’ordine, dico che questa operazione non mi piace. Affidare a un organo esterno questo compito che la legge affida ad organismi interni mi sembra superfluo, dispendioso e da evitare». 

Se lei tornasse indietro cosa non farebbe?

«Se tornassi indietro darei meno fiducia alle persone verso le quali ho riposto ogni affidamento. È l’unica cosa di cui mi pento. Penso comunque che il meccanismo di controllo interno previsto dalla legge sia completo ed efficace». 

Come crede che finisca questa storia?

«Non faccio prognosi, specie se ci sono indagini in corso. Mi auguro che i consiglieri dell’ordine in primis - e non una società esterna - correggano la gestione contabile delle spese. Sicuramente proseguendo la spending review avviata dalla mia gestione e, se necessario, con un adeguamento delle quote associative».

Ad agosto, alcuni avvocati hanno fatto richiesta di accesso agli atti, dopo la decisione di affidare i conti a una società esterna, qual è il suo giudizio? 

«Ritengo che la semplice richiesta di accesso proposta da alcuni consiglieri denoti scarsa trasparenza e svilimento del ruolo di chi ricopre la funzione per la quale ha ricevuto i voti degli avvocati. Paradossalmente, anche se la richiesta fosse infondata, ma non ho motivo per credere che lo sia, dovrebbe essere immediatamente consentita la consultazione degli atti esistenti al protocollo (sul punto, il presidente dell’Ordine in carica ha assicurato massima trasparenza, ndr).
 

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