Napoli, Fatima in fuga dai talebani: «L'università mi ha dato un futuro»

La giovane afghana alla cerimonia con Mattarella per gli 800 anni della Federico II

Fatima Mahdiyar
Fatima Mahdiyar
di Mariagiovanna Capone
Lunedì 13 Novembre 2023, 23:28 - Ultimo agg. 15 Novembre, 09:33
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«La Federico II è diventata il luogo in cui i miei sogni possono rinascere». La sua forza l’ha dimostrata due anni fa, scappando dall’Afghanistan per le persecuzioni del regime talebano sulla popolazione hazara. Ora per Fatima Mahdiyar è arrivato anche il riconoscimento più profondo e significativo racchiuso nelle parole del presidente Sergio Mattarella, commosso dal suo racconto durante la cerimonia di apertura dell’anno accademico: «Vorrei dire a Fatima che è esemplare la sua testimonianza, è stata un’esaltazione del rapporto inscindibile tra cultura e libertà». 

Occhi profondi e fieri, parole dure come macigni. Il discorso di Fatima Mahdiyar, in rappresentanza della comunità studentesca internazionale, arriva dritto al cuore degli ospiti istituzionali e accademici che affollano l’Aula Magna storica. «Mi chiamo Fatima, sono una ragazza hazara di 22 anni. Sono nata in una della città più povere dell’Afghanistan» esordisce ammutolendo la sala. «Tre anni dopo la mia nascita - continua Fatima - la mia famiglia si trasferì a Kabul, dove è iniziato un nuovo capitolo di vita per me e per la mia famiglia. Ho finito la scuola e ho frequentato l’Università medica di Kabul. Il 15 agosto 2021, quando i talebani hanno preso il controllo di Kabul e le porte di scuole e università sono state chiuse, è iniziato il piano per eliminare le donne dalla vita sociale e politica, dal settore della formazione, dai luoghi di lavoro del Paese». 

La voce della studentessa 22enne non mostra segni di incertezza, nonostante la difficoltà di spiegare che il regime talebano, oltre a perseguitare le donne in quanto tali, rafforza la sua violenza nei confronti della popolazione hazara. Human Rights Watch documenta che solo nel 2022, sono oltre 700 gli hazara uccisi in 13 attacchi in poco più di un anno. I talebani quindi si accaniscono con una persecuzione sistematica, perpetrata nei confronti di questo gruppo etnico minoritario, che è un vero a proprio genocidio. «Ho dovuto lasciare l’Afghanistan il 28 agosto 2021 - prosegue la studentessa federiciana - e, quando sono scappata dal crudele regime talebano, i miei sogni sono stati distrutti, ero una studentessa del terzo anno di Medicina». Tuttavia la speranza per lei è arrivata. «Sono da due anni in Italia, a Napoli. Essere rifugiati in un nuovo Paese, con una nuova cultura e una nuova lingua, non è stato facile. Nonostante tutti questi problemi, sono stata in grado di iniziare una nuova vita grazie all’aiuto delle persone gentili che conosco. E a ripensare ai miei sogni. Nel 2022 sono entrata nelle scuola di Medicina della Federico II. La Federico II è diventata il luogo in cui i miei sogni possono rinascere; e la Federico II, luogo di conoscenza, cultura e talento, spero che brillerà per sempre». I lunghi applausi nascondono una forte commozione per la storia di una giovane fuggita «dall’apartheid di genere in atto nel mio Paese dal 15 agosto 2021, un giorno buio per le donne». Fatima ha però reagito, e in una fuga avventurosa e complicata ha ritrovato grazie nella Federico II «accoglienza e uguaglianza, ma soprattutto speranza per il mio futuro e per il mio Paese», come ci aveva raccontato appena 5 mesi fa, nella «Giornata dello studente federiciano», insieme ad altri compagni arrivati qui fuggendo dalle guerre nel loro Paese, come Omar Marong, Dieu Donnè Kiatti, Habib Katouli

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La storia di Fatima è la storia di tanti giovani che scappano da terre che non vogliono offrirgli un futuro. E lo ha capito bene il presidente Sergio Mattarella che quando ha preso parola dal podio dell’Aula Magna, ricordando i valori universitari, e federiciani in particolare, come «messaggio di pace», fino a rivolgersi direttamente alla studentessa rifugiata. «Vorrei dire a Fatima che è esemplare la sua testimonianza: è stata un’esaltazione del rapporto inscindibile tra cultura e libertà.

Capisco le difficoltà che deve avere incontrato per studiare, per inserirsi in nuove relazioni, in un Paese diverso, con lingua diversa. Ma lei dimostra che la volontà di cultura supera ogni difficoltà: auguri». Un augurio già tangibile grazie alla borsa di studio che Fatima Mahdiyar ha ricevuto appena un paio di settimane fa. Ad assegnarla a lei e altri dodici studenti, è la Fondazione Erri De Luca che dal 2015 dona borse annuali a chi, lungo i percorsi dei flussi migratori ha scelto di restare in Italia per intraprendere o continuare i propri studi universitari, «nel rispetto del diritto universale e individuale all’istruzione e nell’intenzione di promuovere i valori del multiculturalismo, della solidarietà sociale e dell’inclusione sociale». 

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